Come noto, l’obbligo per i genitori di mantenere i figli, non cessa al raggiungimento della maggiore età, in quanto questi ultimi hanno diritto di essere mantenuti anche oltre questa età, laddove esse non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza economica e non possano dirsi economicamente indipendenti.
Di conseguenza, in sede di separazione e divorzio, nell’adottare i provvedimenti riguardo ai figli, ai sensi dell’art. 155 codice civile, il giudice potrebbe porre a carico di uno dei coniugi, l’obbligo di corrispondere un assegno mensile anche a titolo di contributo nel mantenimento dei figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza sopra citata, ha approntato proprio questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Corte, in sede di divorzio, l’ex marito era stato condannato a corrispondere un assegno mensile a titolo di contributo nel mantenimento del figlio maggiorenne, il quale, stando alle risultanze processuale, non aveva ancora raggiunto l’indipendenza economica. L’ex marito, inoltre, veniva condannato, altresì, a corrispondere un ulteriore importo a titolo di contributo nel mantenimento dell’ex coniuge, che conviveva assieme al figlio stesso.
La sentenza, tuttavia, veniva riformata in sede di appello, in quanto la Corte riteneva opportuno ridurre l’importo dei suddetti assegni, dal momento che l’uomo percepiva unicamente un reddito da pensione e doveva già pagare una somma mensile a titolo di locazione dell’immobile in cui risiedeva.
Giunti al terzo grado di giudizio, tuttavia, la Corte di Cassazione ritiene di dover decidere in maniera difforme.
In particolare, la stessa rilevava come, dagli atti di causa, fosse risultato che il figlio in questione era già inserito da molti anni nel mondo del lavoro, con la conseguenza che nessun assegno di mantenimento doveva dirsi allo stesso spettante.
In altri termini, la Corte di Cassazione ribadisce come l’assegno di mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni presuppone che gli stessi non siano in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze, cosa che deve escludersi nel caso in cui il figlio abbia già un lavoro, dal quale percepisca un reddito adeguato a mantenersi da solo.
Quanto, invece, all’assegno divorzile in favore della moglie, la Cassazione conferma la legittimità della disposizione, in considerazione sia della situazione economica dei due coniugi, che appariva comunque squilibrata a vantaggio del marito, sia delle condizioni di salute dell’ex moglie, che era affetta da una rara malattia.
Va, infatti, precisato, che il giudice, nel disporre l’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore della moglie, deve tenere conto non solo delle rispettive condizioni economiche ma anche di altri aspetti, di natura personale, che possono incidere sulle capacità di lavoro e reddituali di uno o dell’altro coniuge.
Alla luce di tali circostanze, dunque, la Corte di Cassazione, in riforma della sentenza emessa dalla Corte d’Appello, esclude il diritto del figlio maggiorenne a percepire una somma mensile, a titolo di contributo nel suo mantenimento, in considerazione “del pluriennale inserimento dello stesso nel mondo del lavoro”, mentre conferma l’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile a titolo di contributo nel mantenimento dell’ex coniuge, economicamente più debole e affetto da una rara e grave malattia.