Per evitare che ciò accada i coniugi, al momento dell’apertura del conto corrente ovvero anche successivamente, possono richiedere l’apposizione della firma congiunta.
In difetto, le somme presenti sul quel conto corrente si presumeranno appartenere in parti uguali ad entrambi i coniugi, essendo irrilevante in regime di comunione dei beni, se il conto sia incrementato o meno dai proventi economici o dal reddito di uno o di entrambi i coniugi.
Valgano, all’uopo, i seguenti principi sul tema formulati dalla giurisprudenza:
1. "la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto (art. 1854 del c.c.) sia nei confronti dei terzi sia nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che eccepisca una situazione giuridica diversa rispetto a quella risultante dalla cointestazione stessa".
Ogni cointestataio, pertanto, al quale sia attribuita la facoltà di operare disgiuntamente dall'altro, è tenuto nei confronti della banca per l’intero (solidarietà passiva) e può, allo stesso modo, pretendere il pagamento dell’intero (solidarietà attiva);
2. "la presunzione per cui le parti di ciascuno risultano uguali se non risulta diversamente (art. 1298 comma 2 del c.c.) può essere superata attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti";
3. nel conto corrente bancario cointestato ai coniugi, privo della richiesta di apposizione di firma congiunta, "i rapporti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 del c.c., che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298 comma 2 del c.c., in base al quale il debito od il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente".
In mancanza di prova contraria, dunque, le parti si presumono uguali e ciascun coniuge non potrà disporre nei rapporti interni per oltre il 50% delle somme risultanti da rapporti bancari solidali, senza il consenso espresso o tacito dell’altro.
Ove, al contrario, sussista la prova che il saldo attivo di un conto corrente cointestato sia il frutto del versamento di somme da parte di uno soltanto dei due coniugi, si deve escludere che l’altro, nei rapporti interni, possa avanzare diritti o pretese sul conto predetto.
La Suprema Corte ha, infatti, espressamente escluso la caduta in comunione nei beni dei crediti risultanti dai rapporti di conto corrente ai sensi dell’art. 177 lett. a) del c.c.
L’art. 177 del c.c., infatti, secondo l’assunto della Corte, si riferisce "ai soli acquisti di beni e non anche all’instaurazione di rapporti meramente creditizi, i quali, ove mai fatti oggetto di cointestazione nell’ambito di un conto corrente bancario, non esorbitano dalla logica di un tal tipo di rapporti e non conoscono quindi alcuna preclusione legata al preventivo scioglimento della comunione legale coniugale” (cfr. Cass. civ., 27.4.2004, n. 8002).