In particolare, se una persona cade sulla catena in questione poichè la stessa non è adeguatamente segnalata, matura il diritto a vedersi risarcito il danno subito?
Stando a quanto affermato nella sentenza sopraccitata, sembrerebbe proprio di sì.
Nel caso esaminato dalla Corte, in particolare, la Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva condannato la società che gestiva il parcheggio in questione al risarcimento del danno subito dal cittadino, con la conseguenza che la società stessa aveva deciso di proporre ricorso per Cassazione.
Secondo la ricorrente non era vero che la catena era scarsamente visibile in quanto nascosta dalle auto in sosta, come affermato nella sentenza di appello impugnata. Tale affermazione costituiva, seconda la società di parcheggio, “un semplice convincimento personale del giudice”, che non trovava sostegno in alcun elemento di prova raccolto nel corso del giudizio.
A detta della ricorrente, dunque, l’evento dannoso “si sarebbe verificato esclusivamente a causa del comportamento incauto ed imprudente del danneggiato che, ponendo in essere una condotta anomala ed atipica, ha generato da sé, con efficacia causale esclusiva, il sinistro di cui è rimasto vittima”.
Di conseguenza, secondo la ricorrente, nessun risarcimento poteva essere riconosciuto al danneggiato.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dalla ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Evidenziava la Cassazione, infatti, come la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’appello avesse trovato riscontro nella documentazione fotografica prodotta in corso di causa e che inoltre era stato provato anche in via testimoniale “che le catene di recinzione dell’area adibita a parcheggio erano poste a pochi centimetri da terra”. Posizione, evidentemente, poco prudente per la collocazione di una simile barriera, poichè non facilmente visibile.
Secondo la Cassazione, dunque, la società ricorrente avrebbe almeno dovuto “adottare le opportune cautele volte a segnalare l’insidia”, cosa che non era, invece, avvenuta.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società che aveva in gestione l’area di parcheggio, condannando la medesima al pagamento delle spese processuali.