Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto coinvolti i genitori di un minore, i quali avevano agito in giudizio nei confronti dell’amministratore del condominio di cui facevano parte, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti dal figlio, che era “caduto con lo slittino, per rottura del lucernaio del garage del condominio coperto di neve, di alcuni metri fino alla sottostante scala di cemento”.
Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato la responsabilità del condominio e dell’amministratore nella misura del 70%, condannandoli, dunque, al relativo risarcimento.
Secondo il Tribunale, in particolare, l’amministratore di condominio era “custode” della parte comune del condominio e che lo stesso non aveva dimostrato “l'esistenza di un caso fortuito”.
Osservava il Tribunale, inoltre, che l’amministratore non aveva “posto alcuna protezione nè alcun avviso di pericolo sulla zona dove si trovavano le vetrate che poi si erano infrante, per evitare che queste fossero utilizzate come discesa per slittini e altri mezzi, pur essendo stato segnalato in precedenza (…) lo stato instabile e incrinato delle vetrate stesse”.
Il Tribunale precisava, tuttavia, che anche i genitori del minore dovevano ritenersi parzialmente responsabili, in quanto gli stessi erano stati “privi di prudenza e di diligenza” nel consentirgli “di giocare sul pendio della tettoia del garage coperta di neve, senza accertare se questa poteva o no cedere sotto il peso della nevicata”.
Giunti al secondo grado di giudizio, la sentenza veniva radicalmente riformata dalla Corte d’appello, la quale riteneva che i genitori fossero responsabili per la “utilizzazione impropria della cosa, ben individuabile e ben conosciuta da loro”.
Tale circostanza, dunque, secondo la Corte, integrava il “caso fortuito” che escludeva la responsabilità da cosa in custodia dell’amministratore.
La Corte, in ogni caso, confermava la posizione del condominio, “che rimaneva come unico responsabile del fatto”.
Sia il condominio che i genitori del bambino, ritenendo la decisione ingiusta, avevano deciso, dunque, di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, annullando la sentenza impugnata per i motivi che si vanno di seguito ad esporre.
Evidenziava la Cassazione, in primo luogo, che, nel caso di specie, la Corte d’appello era giunta alla conclusione di identificare il “caso fortuito” nel comportamento posto in essere dal danneggiato, il quale avrebbe slittato “sulla tettoia della scala per accedere alle autorimesse”, dove “non si sarebbe dovuto neppure camminare”.
Osservava la Cassazione, inoltre, che la decisione della Corte d’appello si imperniava “sulla conoscenza - che sarebbe stata così completa da rendere irrilevante anche la copertura quasi totale della tettoia frutto di una notevole nevicata - della struttura da parte dei genitori del danneggiato”.
Ebbene, secondo la Cassazione, il percorso logico seguito dal giudice di secondo grado non sarebbe stato corretto, non avendo lo stesso adeguatamente applicato l’art. 2051 c.c.
Rilevava la Cassazione, infatti, che, nella sentenza impugnata, il “caso fortuito” era stato individuato nella condotta del minore danneggiato, ma che le caratteristiche che rendevano tale condotta “imprevedibile e assolutamente impropria” erano state desunte “da una condizione di consapevolezza attribuita a soggetti diversi”.
Secondo la Cassazione, in sostanza, poiché, nell’ottica della Corte d’appello, il minore danneggiato aveva posto in essere “una condotta imprevedibile e assolutamente impropria”, il “caso fortuito” avrebbe dovuto essere identificato, “più ancora che nella mancata vigilanza dei genitori sul minore, nel mancato trasferimento da parte dei genitori delle loro conoscenze al minore”.
Invece, nel caso in esame, la Corte d’appello aveva ritenuto che il caso fortuito fosse stato rappresentato “dallo slittare del minore, anche più volte, in un luogo dove non doveva farlo perchè non destinato allo slittamento nè al camminamento di alcuno”.
Evidenziava la Cassazione, inoltre, la Corte d’appello non aveva tenuto in adeguata considerazione “l'incidenza che sarebbe derivata dalla installazione da parte del custode di recinzioni o di cartelli di avviso presso la tettoia coperta”.
In conclusione, dunque, la Cassazione riteneva che il giudice di secondo grado avesse violato l’art. 2051 c.c., “quanto alla individuazione della responsabilità del custode - di natura pienamente oggettiva - e alla individuazione di un caso fortuito che fosse realmente idoneo a creare l'esimente prevista dalla norma”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte accoglieva i ricorsi proposti dai genitori e dal condominio, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.