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Accordo prematrimoniale: si può fare in Italia?

Famiglia - -
Accordo prematrimoniale: si può fare in Italia?
L’Italia si avvicina all’America con i contratti prematrimoniali? Vediamo cosa ne pensa la Cassazione
Se si pensa agli accordi o patti prematrimoniali, in automatico la nostra mente viaggia oltreoceano e ci trascina all’interno in una pellicola hollywoodiana.
Ma cosa sono questi patti? E - soprattutto - sono validi anche in Italia?


Gli accordi prematrimoniali sono veri e propri contratti, popolari in diverse parti d’Europa e soprattutto negli Stati Uniti d’America.
Con tali patti prematrimoniali, i futuri coniugi si accordano, prima di convolare a nozze, sul modo in cui affrontare un’eventuale fine del matrimonio, considerando tutte le conseguenze, economiche e non, della separazione o del divorzio.


L’obiettivo di questi patti è, quindi, quello di andare a ridurre i conflitti tra i coniugi, gestire i costi di una futura crisi matrimoniale e prevenire i divorzi.
All’interno degli accordi prematrimoniali, infatti, si può stabilire, ad esempio, a chi verranno affidati i figli in caso di separazione, l’ammontare dell’assegno di mantenimento o divorzile, a chi verrà assegnata la casa coniugale e così via.


Venendo all’Italia, come Paese cattolico fortemente legato alle sue tradizioni, l’idea di un accordo prematrimoniale può apparire sicuramente come un inizio non proprio romantico per regolare l’unione tra due persone. Eppure, tanti italiani si chiedono se questi patti siano validi e possibili anche nel nostro Paese.


Facciamo una premessa. In Italia, i cittadini sono liberi di regolare tutti i loro rapporti economici con i contratti. Tuttavia, il matrimonio non è visto come un contratto nel nostro ordinamento.
Il matrimonio è un atto personale, che a differenza del contratto va a regolamentare rapporti affettivi e non rapporti economici. Pertanto, la disciplina del matrimonio non può essere personalizzata o modificata in base alla volontà dei coniugi.


Per questo motivo, nel nostro Paese, gli accordi prematrimoniali tesi a regolare la situazione personale e patrimoniale dei coniugi, in vista di un’eventuale separazione o divorzio, sono considerati nulli.
In particolare, questi accordi sono vietati espressamente dal nostro codice civile in quanto in contrasto con l’art. 160, secondo cui gli sposi non possono venir meno né ai diritti, né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.


Anche la Corte di Cassazione ha più volte ribadito la nullità degli accordi prematrimoniali per illiceità della causa e indisponibilità dei beni coinvolti.
Ciò significa che, per la Suprema Corte, sono nulli tutti i patti che vanno a limitare o a regolare in modo differente quelli che sono i principi cardine del matrimonio, così come stabiliti dal nostro codice civile.


In poche parole, prima del matrimonio, i coniugi non potranno accordarsi tra di loro per derogare ai doveri imposti dalla legge con il matrimonio (come, ad esempio, l’obbligo alla reciproca assistenza morale e materiale, l’obbligo di fedeltà o di coabitazione, l’obbligo alla contribuzione ai bisogni della famiglia).


Il nostro sistema va a tutelare, in questo modo, il coniuge più debole, il quale, stipulando tali accordi, potrebbe accettare condizioni a lui sfavorevoli. Di conseguenza, viene ad essere salvaguardata la stabilità della famiglia.
Ad oggi, l’unica facoltà, che è consentita ai futuri coniugi dal nostro ordinamento, è quella stabilita dall’articolo 162 del codice civile: ossia, alla coppia è concesso di decidere unicamente tra il regime di comunione o di separazione dei beni, scelta che gli stessi possono effettuare sia prima del matrimonio, sia nel corso della vita matrimoniale.


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