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È valido il contratto di investimento “monofirma”?

È valido il contratto di investimento “monofirma”?
Il contratto quadro di investimento non deve necessariamente contenere la firma dell’intermediario a pena di nullità, se la volontà di concluderlo emerge da comportamenti concludenti.
Il caso di specie trae origine dalla vicenda di una società in nome collettivo che aveva ottenuto la dichiarazione di nullità di due ordini di investimento (cosiddetti interest rate swap) poiché il contratto di investimento era stato sottoscritto solamente dall’investitore e non dall’intermediario.
La sesta sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21750 del 2019, si è discostata dalle conclusioni del tribunale di merito, confermando un orientamento già presente da tempo nella giurisprudenza di legittimità e accogliendo quindi il ricorso proposto dall’Unione di banche italiane.
La firma del contratto quadro di investimento, come noto, è una formalità volta a presidiare gli interessi della parte “debole”, ovvero il cliente investitore, il quale potrebbe essere danneggiato dalle asimmetrie informative presenti nelle dinamiche contrattuali involgenti professionisti, in questo caso intermediari finanziari.
Si è parlato, a tal proposito, di “neoformalismo negoziale” per indicare la funzione protettiva che assume in questi casi la regola della forma scritta.
Sanzionare con la nullità l’assenza della firma del cliente, quindi, risponderebbe a pieno alle esigenze di tutela previste dalla norma. Viceversa, la mancanza della firma dell’intermediario non può comportare la nullità del contratto di investimento poiché in quel caso, diversamente dal precedente, il cliente ha sicuramente ricevuto tutte le informazioni necessarie al fine di compiere una scelta ponderata e oculata in merito all’investimento.
Insistere sulla mancata firma significherebbe, a detta dei giudici, “trasformare un presidio posto a tutela dell'informata e consapevole partecipazione degli investitori in un formalistico strumento per conseguire risultati del tutto ultronei rispetto alle previsioni ed allo scopo della norma”.
Inoltre, afferma ancora la Cassazione, ai fini della corretta conclusione del contratto rilevano i comportamenti concludenti tenuti dall’intermediario finanziario, tra i quali rientra la reiterata esecuzione del contratto, condotta univocamente riconducibile alla volontà di dare attuazione allo schema negoziale predisposto in forma scritta.
I giudici della sesta sezione, a conforto delle loro argomentazioni, riportano un consolidato orientamento delle Sezioni Unite in virtù del quale il requisito della forma scritta per il contratto quadro si considera rispettato “ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.


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