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Spese per la badante, la Cassazione smentisce il Fisco, sono deducibili anche senza qualifica professionale: la sentenza

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Spese per la badante, la Cassazione smentisce il Fisco, sono deducibili anche senza qualifica professionale: la sentenza
Con l'ordinanza n. 449 del 9 gennaio scorso, la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha chiarito che le spese sostenute dal datore di lavoro domestico - nei confronti della colf che assiste l'invalido pur senza avere una qualifica professionale ad hoc - sono sempre deducibili
Una buona notizia per i contribuenti e, in particolare, per coloro che hanno assunto collaboratori domestici giunge da una recente pronuncia della Suprema Corte. Con l'ordinanza n. 449 di pochi giorni fa, infatti, i giudici di piazza Cavour rimarcano che, sul piano fiscale, chi si serve di una colf non soltanto per le faccende domestiche, ma anche per accudire un invalido non autosufficiente potrà, in ogni caso, contare sulla integrale deducibilità delle spese per l'assistenza.

In altre parole, per conseguire gli sgravi fiscali non è necessario che il collaboratore domestico abbia conseguito una qualifica professionale ad hoc per l'assistenza a persone con grave e permanente disabilità acclarata, contrariamente a quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate. Aprendo la disputa giudiziaria, quest'ultima in origine aveva fatto ricorso contro un contribuente, ottenendo inizialmente un provvedimento favorevole dalla Commissione tributaria provinciale. Nel caso concreto, finito poi sotto la la lente dei giudici della Cassazione, l'Amministrazione finanziaria si opponeva all'estensione degli sgravi, negando anzi la piena deducibilità delle spese sostenute dal marito per la cura della moglie invalida al 100% dopo un incidente automobilistico. L'uomo, in particolare, era aiutato da due collaboratrici domestiche che agivano anche in veste di badanti.

L'Agenzia si oppose all'agevolazione fiscale con una comunicazione preventiva, attraverso cui annunciava la rettifica dei dati dettagliati nel quadro Rp della dichiarazione modello unico persone fisiche. Sostanzialmente, per l'ente:
  • le due donne non avevano una qualifica professionale riconosciuta o adeguata, per il tipo di assistenza prestata ad un invalido al 100%;
  • la mancata qualifica determinava l'impossibilità di dedurre i costi sostenuti per tali servizi di accudimento domestico, nella integrale misura indicata dal contribuente nella dichiarazione dei redditi.
Seguì così un taglio sostanziale degli oneri deducibili, da oltre 36mila euro a meno di 5mila, e una disputa giudiziaria che vide avversari il contribuente/datore di lavoro domestico e l'Agenzia delle Entrate. Dalla lite è giunta, infine, la decisione della sezione tributaria della Corte di Cassazione, che qui specificamente interessa.

Con l'ordinanza n. 449 del 9 gennaio 2025 si chiarisce in particolare che:
  • in ipotesi di soggetti con una grave e permanente invalidità o menomazione (art. 3 della legge 104) non è possibile circoscrivere o comprimere la deducibilità dal reddito complessivo Irpef delle spese specificamente rivolte all'assistenza;
  • il regime di favore disciplinato dalla legge - comma 1, lettera b dell'art. 10 del T.U.I.R. - va applicato al di là della natura specialistica dell’assistenza o dalla specifica qualificazione professionale di chi viene utilizzato, in concreto, per accudire la persona disabile al 100%.
Concludendo, quella in oggetto è certamente una interessante pronuncia, perché offre un principio di diritto che è e sarà di orientamento per una pluralità di casi simili e perché è nettamente contraria alla tesi sposata dal Fisco da molto tempo.

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