Quando una coppia di genitori si
separa, la questione più delicata è, naturalmente, quella di stabilire con chi vivranno i figli e quanto tempo trascorreranno con l’uno e con l’altro genitore.
In seguito alle riforme che hanno modificato il codice civile negli ultimi decenni, la regola generale è quella dell’
affidamento condiviso, che consiste in una condivisione della
responsabilità genitoriale, cioè di quell’insieme di diritti e obblighi che derivano dall’essere madre o padre.
La condivisione dell’affidamento non esclude che, per inevitabili esigenze pratiche, il
minore viva per la maggior parte del tempo con uno dei due genitori (di solito, ma non necessariamente, la madre), e che frequenti l’altro secondo i tempi e le modalità stabilite dal giudice o comunque nell’accordo di separazione.
Negli ultimi anni, però, si è diffusa sempre di più la prassi dell’
affidamento c.d. alternato, per cui i figli possono abitare sia con il padre che con la madre, ad esempio, a settimane alterne.
L’affidamento condiviso naturalmente non si esaurisce nel collocamento del minore, cioè nello stabilire quanto tempo il figlio trascorrerà con l’uno o con l’altro genitore; si tratta di qualcosa di più complesso, che comporta l’assunzione delle decisioni necessarie per la vita dei figli, il prendersi cura di loro e l’occuparsi delle loro esigenze.
In materia di separazione e divorzio e in genere di rottura dell’unità familiare (quindi anche in caso di famiglia di fatto) il criterio generale che deve ispirare la scelta del giudice è quello dell’interesse, morale e materiale, dei figli, come prevede espressamente il codice.
Ciò detto, la soluzione dell’affidamento condiviso deve essere valutata in via prioritaria; si può invece ricorrere all’affidamento esclusivo - quindi a uno solo dei due genitori - quando, secondo il giudice, l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. Questa scelta deve essere precisamente motivata dal giudice.
Passiamo quindi a esaminare la sentenza del Tribunale di Milano n. 2992/2023, che ci fornisce un esempio di come il giudice è giunto alla decisione riguardante l’affidamento di due figlie minori in sede di separazione.
In tale giudizio la madre chiedeva - per il profilo che qui ci interessa - l’affidamento esclusivo delle figlie, mentre il padre insisteva per l’affidamento condiviso.
Nella motivazione della sentenza, dopo aver ripercorso i fatti di causa, il Tribunale dà atto delle “serie difficoltà del padre nel poter assumere un ruolo genitoriale concreto e sereno”, anche a causa di una sua importante dipendenza da sostanze stupefacenti (che era stata accertata, tanto che l’uomo veniva sottoposto a periodici controlli).
Secondo il Tribunale, infatti, il padre aveva espresso una buona disponibilità nel voler accudire e gestire le figlie, ma mostrava comunque una seria difficoltà nell'assumere responsabilità genitoriali, anteponendo i propri bisogni a quelli delle figlie.
Inoltre, l’uomo
si disinteressava del mantenimento delle figlie e non contribuiva a quanto necessario al loro sostentamento e ai loro bisogni.
Nella vicenda, particolarmente delicata, erano intervenuti anche i servizi sociali.
Dunque, secondo il Tribunale, i ripetuti comportamenti del padre (abuso di sostanze stupefacenti, mancato mantenimento delle figlie) non potevano che aumentare, tra l'altro, la conflittualità tra i due genitori e impedire una utile e serena gestione delle figlie.
Perciò, la sentenza in esame concludeva che, allo stato (ed auspicando che l'uomo portasse avanti un programma di disintossicazione e di recupero), il padre non avesse sufficienti capacità genitoriali per occuparsi delle figlie, non essendo neppure in grado di riconoscere i loro bisogni e la loro sofferenza nonché di porsi in un atteggiamento responsabile e costruttivo per affrontare e superare le proprie problematiche dovute principalmente alla dipendenza da stupefacenti.
Pertanto, il Tribunale decideva per l’affidamento cosiddetto
super-esclusivo alla madre, ai sensi dell’
art. 337 quater del c.c., stabilendo che “
la madre potrà assumere in via autonoma ogni decisione in materia di educazione, istruzione, salute e rilascio di documenti anche per espatrio”.