In particolare, i Lea rappresentano le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale è obbligato a garantire gratuitamente a tutti i cittadini, al netto delle consuete problematiche legate alle liste d’attesa. Oltre all’elenco delle prestazioni da offrire, il decreto del Ministero della Salute stabilisce i rimborsi per le strutture che forniscono tali servizi.
Tuttavia, dal momento che molte delle nuove tariffe sono state giudicate insufficienti dai fornitori (in alcuni casi addirittura inferiori a quelle precedenti), il provvedimento è stato ampiamente contestato da parte di associazioni di ospedali privati e laboratori convenzionati. Il timore di tali soggetti, infatti, è quello di non riuscire a coprire i costi di gestione.
Pertanto, il Tar del Lazio ha deciso di sospendere il decreto. L’implementazione dei Lea era stata prevista già dal 2017, mentre le tariffe per le visite ambulatoriali non venivano aggiornate dal 1996 e quelle per le protesi dal 1999.
Tra le nuove prestazioni previste, ora bloccate, vi sono la procreazione medicalmente assistita, diagnosi e terapie per la celiachia, protesi per gli arti, e capsule dotate di telecamere per monitorare il tratto gastrointestinale. Solo alcune Regioni che già finanziavano tali servizi con risorse proprie potranno continuare a offrirli.
Tra le innovazioni incluse nei nuovi Lea figurano inoltre consulenze genetiche, l’adroterapia per il cancro, screening neonatali avanzati, apparecchi acustici digitali, tecnologie domotiche, arti artificiali ad alta tecnologia e sistemi per il riconoscimento vocale e di puntamento oculare destinati a chi ha perso la capacità di muoversi o comunicare. Complessivamente, il decreto includeva circa 3.000 interventi, con costi stimati in 502 milioni di euro per le visite ambulatoriali e 47 milioni per le protesi.
Oltre al blocco delle nuove prestazioni, emerge un’ulteriore complicazione, ovvero il possibile caos informatico. I sistemi informatici delle Asl avevano già recepito le nuove tariffe, ma ora dovranno ripristinare i vecchi valori. Questo ha portato a disagi, con alcuni medici impossibilitati a erogare prestazioni a causa di codici non riconosciuti dai sistemi aggiornati.
Secondo Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), il blocco dei Lea è l’ennesima dimostrazione della carenza di risorse per il sistema sanitario pubblico, che tenta di realizzare obiettivi ambiziosi con risorse limitate.
Egli, infatti, ha dichiarato che “se il pubblico rimborsa a uno specialista 20 euro per una visita che in regime privato viene pagata molto di più, è chiaro che lui cercherà un’alternativa al servizio sanitario nazionale. La sanità, in questo momento, ha bisogno prima di tutto di risorse”.
Le nuove tariffe penalizzano in particolare analisi e visite specialistiche. Se il pubblico può eventualmente ripianare le perdite, i privati non hanno tale margine. Per questo, il ricorso al Tar è stato promosso principalmente da laboratori e strutture private.
Anelli ha poi aggiunto: “Il prossimo finanziamento significativo per la sanità, con 5 miliardi, è previsto per il 2026. Ma nel frattempo non sappiamo come fare per evitare che i cittadini paghino di tasca propria le cure mediche o, peggio, rinuncino a curarsi”.
La decisione del Tar si basa sull’assenza del requisito dell’urgenza, considerando che il provvedimento “è stato adottato dopo oltre 20 anni dai precedenti nomenclatori, delineando così l'insussistenza dell'urgenza”. La sospensione riguarda solo le tariffe per le diagnosi ambulatoriali, non quelle relative alle protesi.
Bisognerà quindi attendere la prossima udienza, fissata per il 28 gennaio 2025, salvo che il Ministero della Salute non decida di intervenire con misure urgenti per superare l’impasse dovuto alla sospensione.