I fringe benefits possono essere definiti come “compensi non monetari", ma "in natura” perché - appunto - non vengono erogati sotto forma di denaro, bensì concessi sotto forma di beni e servizi dal datore di lavoro ai dipendenti. Secondo una ricerca di The European House-Ambrosetti e Edenred Italia, oggi i fringe benefits sono considerati un mezzo importante per il benessere economico delle famiglie italiane. I dati infatti parlano chiaro: nel 2023 questo strumento ha contribuito a un incremento dello 0,8% nelle spese da parte degli italiani.
Esempi di fringe benefits comuni includono:
Esempi di fringe benefits comuni includono:
- buoni pasto
- auto aziendali ad uso promiscuo
- dispositivi elettronici (PC, tablet, smartphone)
- polizze assicurative
- alloggi aziendali.
Tra i fringe benefits rientra anche il "bonus bollette in busta paga", una misura che consente ai lavoratori dipendenti di ricevere un rimborso per le utenze domestiche. Questo beneficio può arrivare fino a 2.000 euro, purché non vengano superati i limiti fissati dalla legge per evitare l’imposizione fiscale. L’importo rimborsato è, dunque, esentasse fino a tali limiti.
Sul punto si rammenta che, negli ultimi anni, la soglia di esenzione dei fringe benefits ha subito diverse oscillazioni, sino a stabilizzarsi sul limite di 258,23 euro, salvo che per i dipendenti con figli a carico, in favore dei quali la legge n. 213 del 30 dicembre 2023 - meglio nota come Legge di Bilancio 2024 - ha previsto l’innalzamento della soglia esentasse di:
- 2000 euro per i dipendenti con figli a carico;
- 1000 euro per i dipendenti senza figli.
La Legge di Bilancio 2025 ha, poi, prorogato fino al 2027 la doppia soglia di esenzione fiscale introdotta nel 2024.
Inoltre, anche se usati per promuovere il brand aziendale, i fringe benefits il cui valore superi il limite dei 258,23 euro concorrono, dunque, alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Al riguardo l’art. 51 del T.U.I.R. sancisce infatti:
- al comma 1, l’onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, ovvero l’assoggettamento a tassazione di tutto ciò che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro;
- al comma 3, invece, che “non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23 euro”; se tale valore supera il citato limite, lo stesso concorre “interamente” a formare il reddito.
Le bollette che possono essere rimborsate comprendono quelle relative alle utenze domestiche dell’abitazione del lavoratore, del coniuge e di altri familiari, a condizione che i costi siano effettivamente sostenuti dal dipendente o dalla sua famiglia. È possibile richiedere anche il rimborso per le utenze condominiali (come acqua o riscaldamento), se intestate al condominio, e nel caso di un contratto di affitto, anche se le bollette sono intestate al proprietario, ma il contratto preveda che siano a carico del lavoratore.
Per ottenere il rimborso, il dipendente deve fornire una documentazione adeguata, come le bollette pagate o una dichiarazione sostitutiva che riporti l'importo e i dettagli delle utenze. Inoltre, dovrà dichiarare che le stesse bollette non sono già state rimborsate da altri soggetti.
Questa misura - si sottolinea - è a discrezione del datore di lavoro, che non è obbligato a riconoscere il rimborso ma può scegliere di farlo.