Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità di due proprietari di un cane e della nonna di un bimbo, per l’incidente occorso al bimbo stesso, il quale era stato azzannato da un pastore tedesco, perdendo la vista da un occhio.
Nello specifico, il Tribunale di primo grado, aveva accertato la pari responsabilità dei proprietari del cane e della nonna (la quale aveva messo a terra il bimbo, prima che lo stesso venisse azzannato), condannandoli al risarcimento dei danni nei confronti dei genitori del minore.
La Corte d’appello di Firenze, tuttavia, aveva modificato il riparto di responsabilità, riducendo dal 50% al 20% la misura della responsabilità della nonna, in quanto la comproprietaria del cane non l’aveva preavvertita del pericolo.
Ritenendo la decisione ingiusta, i comproprietari del cane avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo i ricorrenti, in particolare, la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 2052 c.c., in quanto non avrebbe tenuto conto “dell'effetto interruttivo del rapporto causale tra il fatto dell'animale ed il danno, da attribuire alla omessa vigilanza della nonna sul nipotino”.
Secondo i ricorrenti, dunque, era stato tale comportamento omissivo della nonna a determinare l’interruzione del nesso di causalità, superando, pertanto, la presunzione di responsabilità in capo ai proprietari del cane.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione ai proprietari del cane, rigettando il relativo ricorso.
Evidenziava la Cassazione, infatti, che, dagli accertamenti effettuati in corso di causa, era emersa la mancanza di una copertura assicurativa dei proprietari del cane, cosa che aveva contribuito nel far maturare al giudice il convincimento “della prevalente responsabilità dei medesimi nella produzione del danno”.
Precisava la Cassazione, inoltre, che, ai sensi dell’art. 2052 c.c., “la responsabilità dei proprietari dell'animale è presunta, fondata non sulla colpa ma sul rapporto di fatto con l'animale”, con la conseguenza che “il proprietario risponde in ogni caso e in toto per i danni cagionati al terzo, a meno che non dia la prova del fortuito”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dai proprietari del cane, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando i ricorrenti anche al pagamento delle spese processuali.