Nel caso di specie, in seguito alla remissione della querela ad opera della parte civile costituita, avvenuta precedentemente all’apertura del dibattimento, il Tribunale pronunciava sentenza predibattimentale di non doversi procedere nei confronti dell’imputato, al quale veniva contestata la fattispecie contravvenzionale di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, disciplinata dall’art. 659 del c.p.
In seguito a tale pronuncia, tuttavia, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello territorialmente competente, proponeva ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione eccependo come il giudice di merito avesse errato nel prosciogliere l’imputato, in conseguenza della remissione della querela precedentemente presentata dalla parte civile. Secondo il ricorrente, infatti, la fattispecie di cui all’art. 659 del c.p. sarebbe stata procedibile d’ufficio, non a querela di parte, come ritenuto, invece, dal giudice di prime cure.
La Suprema Corte, ritenendo fondate le doglianze proposte, ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata.
Gli Ermellini hanno, infatti, evidenziato come la contravvenzione contestata all’imputato non tuteli l’interesse del singolo a non vedere turbata la propria tranquillità da immissioni sonore non tollerabili, bensì sia posta a presidio della quiete pubblica. Tale elemento rende, pertanto, la fattispecie in esame perseguibile d’ufficio e non a querela di parte, come, peraltro, ogni altra contravvenzione.
Secondo i giudici di legittimità, alla luce di tali circostanze, sebbene l’azione penale sia iniziata a seguito della querela presentata da un soggetto che si sia dichiarato leso da un altro a causa di immissioni sonore, la sua eventuale successiva remissione da parte del querelante non rende improcedibile l’azione penale che, nel frattempo, sia stata intrapresa, procedendosi per un reato perseguibile d’ufficio.