L'uomo era stato condannato ad un anno di reclusione per il reato di cui all'art. 544 ter codice penale.
Il condannato ha presentato ricorso per cassazione sostenendo che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il reato di maltrattamento di animali anziché la contravvenzione ex art. 727, comma 2, codice penale relativamente alla detenzione dei cani. Inoltre sosteneva che l'amputazione della coda non avesse inferto all'animale un'apprezzabile diminuzione dell'originaria integrità.
La terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 4876/2019, ha confermato la condanna di primo e secondo grado per il reato ex art. 544-ter del codice penale, nei confronti dell'uomo.
I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto sussistente il reato di maltrattamento di animali relazione alla condotta di amputazione della coda, che ha determinato un'apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell'animale, determinando una menomazione funzionale dello stesso. Taglio che è stato volontario e non necessario.
Riguardo alla detenzione degli animali in una in condizioni igieniche pessime, i giudici hanno dato ragione all'uomo. Infatti tale condotta integra la contravvenzione di cui all'art. 727, comma 2, c.p. e non già il più grave reato ex art. 544 ter.
L'uomo in ogni caso dovrà scontare 9 mesi per i maltrattamenti inflitti per il taglio della coda.