Secondo un primo orientamento, la fattispecie ex art. 584 c.p. sarebbe costituita sotto il profilo soggettivo dal dolo (art. 43 del c.p.) delle lesioni (art. 582 del c.p.) e responsabilità oggettiva (art. 43 del c.p. ult.co. per l’evento morte. Tale orientamento rimonta alla giurisprudenza che si è formata sotto l’originario codice rocco e per l’effetto risulta oggi incostituzionale alla luce del nuovo volto del principio di colpevolezza exart. 27 Cost..
Un secondo orientamento, maggiormente conforme al principio di personalità della responsabilità penale configura l’omicidio preterintenzionale come ipotesi di dolo misto a colpa (per l’evento morte). In tal senso, l’interprete dovrà procedere ad accertare rispetto all’evento non voluto la violazione di una regola cautelare, la prevedibilità dell’evento e l’evitabilità comportandosi in maniera conforme al precetto. Tale orientamento, seppur autorevolmente sostenuto e probabilmente maggiormente conforme alla Costituzione, è oggi minoritario in Cassazione.
A tale uopo, in quel del Palazzaccio ad oggi risulta maggioritario un terzo orientamento che ritiene sufficiente unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato.
Così ricostruito il quadro ermeneutico, è possibile entrare in media res. Nel caso di specie, gli Ermellini rammentano che, ai fini della sussistenza dell'ipotesi criminosa del delitto di omicidio preterintenzionale è sufficiente che l'agente abbia posto in essere atti diretti a percuotere o ledere una persona e che esista un rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte, mentre proprio l'azione violenta è rivelatrice della sussistenza del dolo dì percosse e dì lesioni. Appare dunque agevole rilevare che, rispetto all’evento morte, l’atteggiamento del soggetto agente deve essere di completa non volizione, neanche meramente eventuale. Ciò perché in tal caso si configurerebbe la più grave ipotesi di delitto di omicidio volontario perché la condotta del soggetto agente, valutata alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostra la consapevole accettazione da parte dell'agente anche solo dell'eventualità che dal suo comportamento possa derivare la morte del soggetto passivo.
In sintesi, secondo la ricostruzione adoperata dalla Suprema Corte di Cassazione, il discrimen tra le due fattispecie risiede nel fatto che, mentre nell’omicidio preterintenzionale la volontà del soggetto agente esclude ogni previsione – anche eventuale - dell'evento morte, nell’omicidio volontario la previsione dell'evento è necessaria e deve essere accertata dal giudice di merito, non essendo sufficiente la semplice prevedibilità dello stesso.