La diffusione delle immagini senza il consenso costituisce un’interferenza illecita nella vita privata, viene infatti violato il diritto all’immagine e alla riservatezza.
Nel caso dei minori, sono i genitori a dover esprimere il consenso alla diffusione delle immagini che li ritraggono. Non rileva infatti il titolo per cui il terzo o un parente le detiene.
Il Regolamento generale sulla protezione dei dati restringe ancor di più l’ambito di applicazione della norma relativa alla diffusione delle immagini dei minori e ha introdotto una tutela rafforzata per l’immagine del minorenne, vietandone l’indebito utilizzo anche qualora sia solo uno de genitori a non prestare il suo consenso.
Quanto rilevato è alla base della condanna di una zia che aveva postato foto e filmati dei nipoti minorenni. Il padre, infatti, negava legittimamente l’esposizione mediatica dei figli sul profilo social della donna.
A peggiorare la situazione della donna vi sono due fattori:
- La durata dell’esposizione sui social delle immagini, che prosegue anche a seguito della ricezione della diffida da parte del padre (le foto ritraevano le bambine in primo piano e in costume da bagno) e,
- L’aver pubblicato tali riproduzioni fotografiche in modalità "pubblica" sul proprio profilo, cioè, visibili oltre la cerchia ristretta delle amicizie della donna.
Il danno secondo il Giudice è stato provocato in primis dalla rimozione tardiva delle foto.
Inoltre, il comportamento della signora configura una lesione alla riservatezza dei minori che trova il suo fondamento giuridico nella legge 176/1991 che ha ratificato in Italia la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, nell’art. 10 del Codice Civile e nell’art. 2 della Costituzione.