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Pensioni, puoi recuperare i contributi non versati e persi entro dieci anni: ecco come fare e i documenti necessari

Pensioni, puoi recuperare i contributi non versati e persi entro dieci anni: ecco come fare e i documenti necessari
Analizziamo insieme le caratteristiche dello strumento previsto dal legislatore per recuperare i contributi persi
Tizio ha acquisito in ritardo la consapevolezza che il proprio datore di lavoro ha evaso la contribuzione obbligatoria ai fini pensionistici (art. 2115 c.c.) e si ritrova “un buco” all'interno del proprio estratto contributivo.

Cosa può fare Tizio? Esiste un rimedio per poter recuperare i contributi non versati e andati in prescrizione?

L’art. 13 della L. n. 1338/1962 prevede che - ferme restando le disposizioni penali - il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione, può chiedere all'INPS di costituire una rendita vitalizia riversibile, pari alla pensione o quota di pensione che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi.

La costituzione di rendita vitalizia è, quindi, lo strumento per rimediare all'inadempimento datoriale dell'obbligazione contributiva e ai danni che ne siano potuti derivare al lavoratore. Essa consente, previa esibizione di prove rigorose, di versare un onere a copertura dei periodi di lavoro la cui contribuzione sia stata omessa e che non sia recuperabile per il decorso dei termini di prescrizione.

Il termine di prescrizione per il versamento e il recupero dei contributi - sembra utile ricordare - è di 5 anni (art. 2948 c.c.), a meno che il lavoratore o i suoi superstiti non segnalino all’INPS l’esistenza di un rapporto di lavoro non dichiarato. In questo caso, il termine si estende a 10 anni.

Ma questo strumento può essere attivato solo dal datore di lavoro?

Stante quanto riferito dalla legge citata, la costituzione della rendita vitalizia può essere richiesta:
  • dal datore di lavoro che ha omesso il versamento dei contributi e intende, in tal modo, procedere al pagamento degli stessi rimediando al danno causato al dipendente;
  • dal lavoratore stesso, in sostituzione del datore di lavoro, sia nel caso in cui presti ancora attività lavorativa, sia nel caso in cui abbia già ottenuto la pensione;
  • dai superstiti del lavoratore.

Dunque, sia il datore di lavoro o i suoi aventi causa, che il lavoratore o i suoi superstiti possono essere ammessi alla costituzione di rendita vitalizia riversibile, a condizione che forniscano la prova dell'effettiva esistenza e durata del rapporto di lavoro, della qualifica rivestita dal lavoratore e delle retribuzioni percepite.

L'esistenza del rapporto di lavoro deve essere, tuttavia,  dimostrata attraverso documenti di data certa, redatti all'epoca in cui si svolgeva il rapporto (buste paga, libretti di lavoro, lettere di assunzione o di licenziamento, libri paga e matricola, altri documenti attinenti al rapporto di lavoro dichiarato). La documentazione deve essere prodotta in originale o in copia conforme debitamente autenticata.

Il legislatore ha, infatti, inteso impedire la costituzione di posizioni assicurative fittizie; l’esistenza del rapporto di lavoro non deve apparire solo verosimile, ma risultare certa (cfr. Corte costituzionale n. 26/1984 e n. 568/1989). La durata del rapporto di lavoro, la continuità della prestazione lavorativa e l'ammontare della retribuzione possono essere provati con altri mezzi, anche verbali (testimonianze).

La circolare INPS 29 maggio 2019, n. 78 riepiloga i principi inderogabili della disciplina di questo istituto. I documenti - si puntualizza innanzitutto -  devono avere attinenza con il rapporto di lavoro a cui l’istanza si riferisce e non devono essere di formazione esclusiva del beneficiario; l’Istituto previdenziale deve sempre valutare forma e contenuto intrinseco della documentazione, nel contesto complessivo dell’istruttoria e dei riscontri. Sulla base di tale attività valutativa, l’esistenza effettiva e la natura del rapporto di lavoro in discussione devono risultare obiettive e certe e non meramente plausibili, verosimili o presumibili. Laddove, a seguito della predetta attività valutativa, restino margini di incertezza, ambiguità, spazi aperti a diverse interpretazioni sulla riferibilità del documento al rapporto di lavoro in discussione, alla sua effettività o alla sua natura, l’istanza non può essere accolta.

Infine, la documentazione, datata e debitamente sottoscritta da colui che ne è l’autore, deve essere completa in ogni sua parte e integra, priva di abrasioni, alterazioni o cancellazioni tali da far presumere che sia stata precostituita allo scopo di ottenere il riscatto.

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