Questo cambiamento è conseguenza del decreto ministeriale n. 436/2024, emanato dal Ministero del Lavoro, che stabilisce i nuovi coefficienti di trasformazione validi per il biennio 2025/2026. Si tratta del settimo aggiornamento dall’introduzione del meccanismo di revisione nel 2009. Dei sette aggiornamenti, sei sono stati negativi, con l’unica eccezione rappresentata dall’attuale biennio 2023/2024, che ha visto un lieve aumento degli assegni pensionistici.
I coefficienti di trasformazione sono parametri utilizzati nel sistema di calcolo contributivo, per convertire il montante contributivo accumulato da un lavoratore nel corso della sua carriera in un assegno pensionistico annuale. Tali valori variano in funzione dell’età anagrafica al momento della pensione, risultando tanto più alti quanto maggiore è l’età del pensionando. Questo principio riflette la logica del sistema contributivo, secondo cui un’uscita più tardiva dal lavoro garantisce un trattamento pensionistico più elevato, poiché la durata stimata della vita residua del beneficiario è inferiore.
I coefficienti di trasformazione si applicano esclusivamente alle pensioni o alle loro componenti calcolate con il sistema contributivo. Per quanto concerne la previdenza pubblica obbligatoria (rivolta ai lavoratori assicurati presso l’INPS), le categorie coinvolte da questo meccanismo includono:
- i lavoratori con contribuzione iniziata dal 1° gennaio 1996, per i quali l’intero assegno è determinato secondo il sistema contributivo;
- i lavoratori con contributi versati entro il 31 dicembre 1995, ai quali il sistema contributivo si applica solo per le anzianità maturate successivamente al 1° gennaio 2012, se al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contribuzione, o al 1° gennaio 1996, in caso contrario;
- i lavoratori che scelgono di liquidare la pensione integralmente con il sistema contributivo, come previsto dall’articolo 1, comma 23, della legge 335/1995.
I coefficienti di trasformazione riguardano esclusivamente la quota di pensione basata sul sistema contributivo. Il calcolo della pensione si effettua con le seguenti modalità:
- la retribuzione annua pensionabile va moltiplicata per l’aliquota di computo (pari al 33% per i lavoratori dipendenti);
- poi va rivalutata con il coefficiente di capitalizzazione aggiornato dall’ISTAT in base all’andamento dell PIL degli ultimi cinque anni;
- infine, alla cifra così ottenuta (il montante contributivo) si applica il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del momento in cui si va in pensione.
Riprendendo l’esempio del lavoratore-tipo con un montante contributivo di 400mila euro e pensionamento a 67 anni, gli importi delle pensioni annue variano come segue in funzione del periodo di uscita dal lavoro:
- 24.544 euro fino al 2009;
- 22.480 euro tra il 2010 e il 2012 (2.064 euro in meno rispetto al 2009);
- 23.304 euro nel triennio 2013/2015 (incremento di 824 euro rispetto al 2012, dovuto all’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni);
- 22.800 euro nel periodo 2016/2018 (504 euro in meno rispetto al 2015);
- 22.416 euro nel biennio 2019/2020 (384 euro in meno rispetto al 2018);
- 22.300 euro nel biennio 2021/2022 (riduzione di 116 euro rispetto al 2020);
- 22.892 euro nell’attuale biennio 2023/2024 (592 euro in più rispetto al 2022);
- 22.432 euro previsti per il biennio 2025/2026 (460 euro in meno rispetto al 2022 e 2.112 euro in meno rispetto al 2009).