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Pensioni 2025, blocco all'aumento dell'etą pensionabile, Quota 41 e flessibilitą a 64 anni: ecco le novitą della riforma

Pensioni 2025, blocco all'aumento dell'etą pensionabile, Quota 41 e flessibilitą a 64 anni: ecco le novitą della riforma
Tra le modifiche più attese dal governo Meloni ci sono quelle sul sistema pensionistico e, in particolare, la revisione dei criteri stabiliti dalla Legge Fornero. In questo articolo analizziamo insieme le ipotesi di riforma messe sul tavolo
Tra le modifiche più attese dal governo di Giorgia Meloni ci sono quelle sul sistema pensionistico e, in particolare, la revisione dei criteri stabiliti dalla Legge Fornero. Questa legge – si ricorda - ha introdotto un sistema pensionistico più rigido, con un'età pensionabile e requisiti contributivi più elevati rispetto alle regole precedenti. Come stabilito dalla normativa, ogni due anni i requisiti pensionistici devono essere confermati o adeguati in base all’evoluzione della speranza di vita. Meccanismo questo già attivato nel 2019, quando si passò da 66 anni e 7 mesi a 67 anni di età pensionabile.

Il punto, ora, è che si è acquisita la consapevolezza che la maggioranza della popolazione vive più a lungo e non è più accettabile che i requisiti per il pensionamento continuino a essere elevati in modo sistematico. Uno dei temi centrali di una possibile nuova riforma delle pensioni riguarda, infatti, proprio l’età pensionabile. L’ISTAT ha registrato un significativo aumento dell’aspettativa di vita a partire dai 65 anni, e la Ragioneria di Stato, sulla base di questi dati, ha confermato la necessità – prevista per legge – di aumentare di 3 mesi i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata, a partire dal 2027, quando inizierà il nuovo biennio di valutazione.

Il possibile blocco dell’aumento: un primo passo verso la riforma
Il governo Meloni sembra intenzionato a bloccare questo aumento previsto per il 2027, in un’operazione definita di "sterilizzazione" dell’adeguamento automatico. Bloccare l’aumento dell’età pensionabile è utile anche per evitare situazioni critiche come quelle dei cosiddetti "mini esodati": lavoratori che, con prepensionamenti già avviati (come isopensione o contratti di espansione), rischierebbero di trovarsi con un “vuoto” di tre mesi nel 2027, e dover rimandare la pensione a 67 anni e 3 mesi.
Lo stesso Ministro Giorgetti ha lasciato intendere che ci sono ottime probabilità che il governo intervenga per fermare l’aumento, trovando le risorse economiche necessarie. Tuttavia, per farlo, sarà necessario agire entro la fine del 2025. Il costo non è proibitivo: all’incirca 200 milioni, secondo quanto stimato dal sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon. Peraltro, secondo Durigon, “ci sono acclarate evidenze scientifiche che dimostrano come la speranza di vita alla nascita varia a seconda, non solo del titolo di studio e del reddito disponibile per il soggetto, ma anche della tipologia di attività lavorativa svolta: a parità di fattori demografici, una vita lavorativa in settori non "usuranti", insieme a una carriera stabile caratterizzata da alte forme di protezione e sicurezza sul lavoro, aumenta la probabilità di vivere più a lungo”.
In buona sostanza, un professore ha buone probabilità di vivere più a lungo di un operaio, rivelandosi che non vi è dunque alcuna equità in questo meccanismo elaborato dalla riforma Fornero.

Lo strumento utilizzato per porre fine all’incremento - previsto dal 2027 - potrebbe essere un nuovo decreto, in arrivo (come annunciato in questi giorni sui quotidiani) già per il prossimo 1° maggio. Se non si dovesse intervenire per tempo, l’incremento riguarderebbe sia la pensione di vecchiaia (che slitterebbe dagli attuali 67 anni a 67 anni e tre mesi), sia la pensione anticipata, ove occorrerebbero anziché 42 anni e 10 mesi, 43 anni e 1 mese di contributi versati.

Oltre il blocco: Quota 41 e pensione flessibile a 64 anni
Bloccare l’aumento è importante, ma non sufficiente. Per una riforma più profonda, sarà necessario introdurre misure che anticipino l’uscita dal lavoro, non solo mantenerla invariata.
Si torna a parlare, ad esempio, di Quota 41 per tutti: una misura che permetterebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi, senza vincoli di età, estendendola a tutti i lavoratori e non solo alle categorie svantaggiate (come avviene oggi: precoci, invalidi, disoccupati, caregivers, addetti a lavori gravosi). Questa proposta è sostenuta con forza soprattutto dalla Lega.

Flessibilità tra 64 e 67 anni: una soluzione inclusiva
Un’altra ipotesi sul tavolo è quella di consentire a tutti di accedere alla pensione a partire dai 64 anni, attraverso una pensione anticipata contributiva, purché si abbiano almeno 20 anni di versamenti.
Per poter accedere, l’assegno pensionistico dovrebbe essere almeno pari a tre volte l’assegno sociale (circa 1.616 euro al mese). A questo scopo, sarebbero conteggiabili anche i versamenti nei fondi pensione integrativi.
In questo modo, i lavoratori avrebbero una finestra flessibile di uscita tra i 64 e i 67 anni, con la possibilità di scegliere in base alla propria situazione personale e contributiva.

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