La necessità dello studio - sembra utile ricordare - s’inserisce in un contesto di crescente attenzione alla sostenibilità del sistema pensionistico, anche alla luce della procedura per deficit eccessivo avviata dalla Commissione europea.
La Commissione di lavoro è, in particolare, impegnata nell'approfondimento di quattro macroaree del sistema di welfare pensionistico: previdenza obbligatoria, previdenza delle casse professionali, previdenza complementare e regime di contribuzione obbligatoria con i connessi problemi di evasione. L'organo scientifico – ha dichiarato il presidente Renato Brunetta, in apertura della riunione di insediamento – "è chiamato a dare risposte sul futuro del sistema previdenziale, un tema di grande valenza per il Paese. Il gruppo di lavoro ha l’obiettivo di preparare il terreno culturale e scientifico affinché il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro possa svolgere il suo ruolo di stimolo al Governo e al Parlamento e al tempo stesso possa esercitare in modo autonomo la facoltà di iniziativa legislativa".
L'istruttoria preliminare ha, infatti, evidenziato le criticità di natura giuridica ed economico-finanziaria dell'attuale sistema previdenziale, sebbene ad oggi - come ribadito in un comunicato stampa - "nessun testo di legge di riforma delle pensioni è stato mai predisposto, né esistono tantomeno documenti ufficiali ascrivibili al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro", contrariamente a quanto si legge su alcune testate giornalistiche.
Quindi, allo stato, non è dato ancora conoscere gli approdi conclusivi del “Gruppo di lavoro”.
Tuttavia, da alcune indiscrezioni trapelate, è emerso che alla base della proposta di riforma maturata dalla Commissione - proposta che sarà verosimilmente presentata al Governo entro settembre (in prossimità, dunque della manovra di bilancio per il 2025) - si punta a introdurre un sistema di “flessibilità strutturale” per l’accesso alla pensione anticipata.
Detta flessibilità si concreterebbe nella possibilità di andare in pensione tra i 64 e i 72 anni di età, a patto di rispettare le seguenti condizioni:
> occorre maturare un minimo di 25 anni di contributi versati, in luogo dei 20 anni attualmente richiesti;
> si rende necessario contare su un assegno di almeno 800 euro netti al mese, pari a una volta e mezzo l’assegno sociale;
> bisognerà accettare una penalizzazione: o il ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico, oppure un taglio del 3-3,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti di legge.
Per quanto attiene invece ad altre forme di pensionamento anticipato, l’idea base dovrebbe essere quella di abbandonare il vecchio sistema delle ”quote”, eliminando così le attuali opzioni “quota 103”, “APE Sociale” e “Opzione donna” che consentono, oggi, l’uscita anticipata dal lavoro a partire rispettivamente da 63, 61 e 62 anni, e prevedere al loro posto una nuova griglia di uscite anticipate dai 64 ai 72 anni, privilegiando, o rendendo addirittura obbligatorio, il calcolo della future pensioni su base solo contributiva.
Attualmente, l’età media di pensionamento anticipato in Italia è di 61,6 anni; questo dato è stato ritenuto troppo basso dagli esperti del CNEL. Obiettivo della riforma, quindi, è quello di allineare il sistema italiano a quello di altri Paesi europei, dove l’accesso alla pensione anticipata è generalmente più stringente.