La pensione di inabilità spetta qualora un dipendente pubblico non sia in grado di proseguire l’attività lavorativa per l’aggravamento del proprio stato di salute.
Con effetto dal 1° gennaio 1996, l’articolo 2, comma 12, della Legge n. 335 del 1995 prevede il diritto di conseguire un trattamento pensionistico nei casi in cui la cessazione del servizio sia dovuta a infermità non dipendente da causa di servizio e per la quale gli interessati si trovino «nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa».
La pensione di inabilità può essere richiesta da tutti i dipendenti pubblici iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO).
Il calcolo della pensione di inabilità avviene sommando al montante contributivo individuale una contribuzione figurativa relativa al periodo mancante, fino al raggiungimento del sessantesimo anno di età, con un’anzianità contributiva complessiva non superiore a 40 anni.
Inoltre, la pensione di inabilità è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, sia in Italia che all’estero. Qualora il beneficiario riprenda l’attività lavorativa, la pensione viene revocata.
Il diritto dei pubblici impiegati alla pensione di inabilità spetta, dunque, alle seguenti condizioni:
Con effetto dal 1° gennaio 1996, l’articolo 2, comma 12, della Legge n. 335 del 1995 prevede il diritto di conseguire un trattamento pensionistico nei casi in cui la cessazione del servizio sia dovuta a infermità non dipendente da causa di servizio e per la quale gli interessati si trovino «nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa».
La pensione di inabilità può essere richiesta da tutti i dipendenti pubblici iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO).
Il calcolo della pensione di inabilità avviene sommando al montante contributivo individuale una contribuzione figurativa relativa al periodo mancante, fino al raggiungimento del sessantesimo anno di età, con un’anzianità contributiva complessiva non superiore a 40 anni.
Inoltre, la pensione di inabilità è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, sia in Italia che all’estero. Qualora il beneficiario riprenda l’attività lavorativa, la pensione viene revocata.
Il diritto dei pubblici impiegati alla pensione di inabilità spetta, dunque, alle seguenti condizioni:
- possesso di un’anzianità contributiva di cinque anni, di cui almeno tre nel quinquennio precedente la decorrenza del trattamento pensionistico;
- risoluzione del rapporto di lavoro per infermità non dipendente da causa di servizio;
- riconoscimento dello stato di assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa, conseguente a infermità non dipendente da causa di servizio.
Come presentare la domanda?
Per richiedere la pensione di inabilità in parola è necessario presentare domanda all’amministrazione presso la quale il dipendente o l’ex dipendente presta o ha prestato attività lavorativa, utilizzando la modulistica fornita dall’ufficio. Alla domanda deve essere allegato un certificato medico attestante lo stato di inabilità assoluta e permanente, la cui verifica è affidata alle commissioni mediche preposte.
Ricevuto l’esito degli accertamenti sanitari, attestante lo stato di inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa, viene emesso il provvedimento di cessazione dal servizio per inabilità e si trasmette tutta la documentazione, compreso il verbale, al Fondo di Quiescenza. L’Ufficio preposto alla liquidazione dei trattamenti emette il provvedimento di attribuzione della pensione di inabilità.
Altra possibilità riconosciuta ai lavoratori invalidi è “Quota 41 precoce”, che può essere richiesta dai lavoratori che siano in possesso di un minimo di 41 anni di contributi e con percentuale di invalidità pari o superiore al 74%. In tal caso, però, sebbene non sia previsto alcun requisito circa l’età anagrafica dei richiedenti, è necessario che gli stessi abbiano versato almeno un anno di contributi prima del compimento del diciannovesimo anno di età.
La possibilità di accesso anticipato alla pensione è, inoltre, riconosciuta ai lavoratori del settore privato che abbiano una percentuale di invalidità pari o superiore all’80%. Qualora gli stessi abbiano versato almeno 20 anni di contributi, potranno infatti accedere alla pensione con undici anni di anticipo rispetto all’età pensionabile prevista (67 anni). Quanto ai requisiti anagrafici, mentre per le donne l’età minima richiesta è pari a 56 anni, per gli uomini è pari invece a 61 anni di età.
Ancora, coloro che hanno un'invalidità riconosciuta dal 75% al 99% possono accedere all'Ape Sociale, ossia un anticipo pensionistico che è concesso al lavoratore dal 63° anno di età fino al raggiungimento del requisito della pensione di vecchiaia. L'accesso richiede un minimo di 30 anni di contributi.
Per quanto riguarda la causa di servizio, essa prevede una procedura specifica, che può richiedere tempi piuttosto lunghi. I principali passaggi sono:
- Richiesta di visita medico-collegiale: il dipendente deve presentare domanda al proprio ente datore di lavoro per essere sottoposto a una visita medico-collegiale, necessaria per l’accertamento dell’inabilità.
- Accertamento sanitario: l’amministrazione invia la richiesta all'ufficio medico-legale competente, che provvederà a fissare la visita.
- Esito della visita: se la commissione medica riconosce l’inabilità assoluta e permanente, il dipendente viene collocato a riposo con diritto alla pensione dal giorno successivo. In caso di inabilità alle mansioni specifiche, l’amministrazione potrà valutare l’assegnazione a un incarico diverso, compatibile con le condizioni di salute.
I tempi di convocazione e di conclusione dell’iter possono variare a seconda della complessità del caso e della disponibilità delle commissioni mediche competenti.