La Cassazione quindi parte dall’analisi della disciplina contenuta nel d.lgs. 546/1992, il c.d. Codice del processo tributario. In particolare, l’art. 69 della normativa in commento, a seguito delle modifiche introdotte con il d.lgs. 156/2015, prevede che “le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, sono immediatamente esecutive (...)" e che "in caso di mancata esecuzione della sentenza il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’articolo 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”.
Ebbene, dalla lettura della norma richiamata si evince chiaramente come sia lo stesso legislatore a ritenere che le pronunce di condanna della pubblica amministrazione al pagamento di somme a favore del contribuente siano immediatamente esecutive. A rafforzare la posizione del contribuente, vi è il riconoscimento della possibilità, da parte di quest’ultimo, di ricorrere al giudizio di ottemperanza che può essere instaurato dinanzi alla Commissione tributaria (provinciale o regionale).
La Cassazione richiama altresì quanto disposto dall’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 546/1992: tale norma, infatti, statuisce la totale compatibilità delle norme del codice di procedura civile con quelle del processo tributario. Ne consegue l’applicabilità, nei giudizi tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, dell’art. 282 c.p.c., che sancisce il principio generale della esecutività provvisoria delle sentenze.
Sulla questione, inoltre, si erano già pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione, con la sent. n. 758 del 2016, ove i giudici avevano riconosciuto efficacia immediata alle pronunce emesse dalle Commissioni tributarie totalmente o parzialmente favorevoli nei confronti dei contribuenti.
Ebbene, è evidente come la disciplina in commento sia stata oggetto di una importante rivisitazione a seguito dell’introduzione del d.lgs. 156/2015, il quale, come visto, ha introdotto l’immediata esecutività delle pronunce delle Commissioni tributarie favorevoli per i contribuenti.
La normativa è stata poi ulteriormente arricchita dalla circolare n. 38/E/2015, la quale ha specificato che, ai fini dell’immediata efficacia di tali pronunce, non è richiesto il passaggio in giudicato e che la stessa opera anche con riferimento alle ipotesi di condanna dell’amministrazione finanziaria.
Tuttavia, in caso di sentenze non ancora definitive, il legislatore ha comunque previsto che, per le somme superiori a 10.000 € (diverse dalle spese di lite), il giudice possa fissare l’obbligo di prestare idonea garanzia.
In ogni caso, l’amministrazione condannata, qualora intenda conformarsi alla sentenza della Commissione tributaria, può provvedere al pagamento di quanto dovuto anche prima della prestazione della garanzia. In questo modo, la stessa P.A. potrà evitare di incorrere in ulteriori spese, riducendo quindi l’ammontare dell’esborso da erogare al contribuente.
La posizione del contribuente poi è ulteriormente rafforzata mediante la previsione di cui all’art. 70 del d.lgs. 546/92, il quale prevede la possibilità di ricorrere al giudizio di ottemperanza qualora l’amministrazione finanziaria non si conformi alla condanna contenuta in sentenza. Il giudizio di ottemperanza potrà essere attivato, dinanzi alla Commissione tributaria (provinciale o regionale) nel termine di 90 giorni dalla notificazione della sentenza di condanna.