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Il mutato orientamento delle Sezioni Unite non giustifica la revisione automatica dell’assegno di divorzio

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Il mutato orientamento delle Sezioni Unite non giustifica la revisione automatica dell’assegno di divorzio
I criteri fissati in materia di assegno divorzile dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/2018, non costituiscono un giustificato motivo per la revisione del vecchio assegno di divorzio, per la quale è sempre necessario un cambiamento delle condizioni di fatto.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1119/2020, si è pronunciata in materia di assegno di divorzio, precisando che, ai fini della sua revisione, non è sufficiente il solo mutamento dell’orientamento giurisprudenziale, ma serve anche un cambiamento delle condizioni fattuali relative agli ex coniugi.

Il caso di specie vedeva protagonista un uomo che, sulla scorta dell’art. 9 della legge divorzio, aveva proposto istanza al Tribunale di Roma per essere assolto dall’obbligo di corrispondere all’ex moglie l’assegno divorzile, nonché per ottenere una riduzione dell’assegno di mantenimento disposto in favore della figlia. Il Tribunale di Roma rigettava l’istanza dell’uomo, e veniva, poi, parimenti rigettato anche il reclamo proposto dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, secondo la quale il procedimento intrapreso non costituiva un mezzo per la revisione di quanto disposto in sede di divorzio, mirando, piuttosto, ad una sua rivisitazione, dato che le circostanze dedotte erano già state considerate al momento della pronuncia emessa in quella sede.

L’attore proponeva, pertanto, ricorso in Cassazione, eccependo come il giudice d’appello non avesse tenuto conto di alcuni elementi fattuali, come il fatto che gravava sullo stesso l’onere di fornire un sostegno economico all’anziana madre, il nuovo matrimonio da lui contratto, il miglioramento delle condizioni economiche dell’ex moglie in seguito ad un’acquisizione ereditaria, nonché il peggioramento delle sue stesse condizioni di salute a causa di una patologia tumorale che lo aveva colpito.
In sede di memoria, poi, il ricorrente invocava a sostegno delle sue richieste l’evoluzione giurisprudenziale in materia di assegno divorzile intervenuta ad opera della sentenza n. 18287/2018, emessa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in epoca successiva al deposito della decisione oggetto di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Al fine di giungere a tale conclusione gli Ermellini hanno, preliminarmente, evidenziato come le Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/2018, abbiano ritenuto che l'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi o all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente l'assegno di divorzio vada riconnesso alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli durante lo svolgimento della vita matrimoniale, nonchè ricondotto a determinazioni comuni, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età della parte richiedente l’assegno.
A parere dei giudici di legittimità, la fissazione di tali principi pone il problema di determinare se gli stessi si possano applicare ad una domanda di revisione di un assegno divorzile già riconosciuto, previo accertamento della sussistenza di giustificati motivi sopravvenuti, o se, invece, il mutamento di natura e funzione dell’assegno stesso ad opera di una pronuncia delle Sezioni Unite possa costituire di per sé un giustificato motivo valutabile ai sensi dell’art. 9 della legge divorzio.

La Suprema Corte ha dimostrato di propendere per la prima delle soluzione sopra esposte, evidenziando come la disciplina dettata in materia di revisione dell’assegno divorzile postuli l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, idonea a mutare l’assetto patrimoniale realizzato con il provvedimento attributivo dell’assegno, essendo, a tal fine, necessaria una valutazione comparativa delle condizioni delle parti. In sede di revisione, il giudice, infatti, non può valutare nuovamente i presupposti e l’entità dell’assegno, bensì si deve limitare a verificare se ed in che misura le circostanze sopravvenute, adeguatamente provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio realizzato con la precedente statuizione, rendendo necessario un adeguamento dell’importo dell’assegno stesso.
I giudici della Suprema Corte hanno, peraltro, ribadito che la funzione della giurisprudenza è semplicemente quella di riconoscere l’esistenza ed il contenuto di una norma di legge, non quella di crearla, motivo per cui l’interpretazione delle norme giuridiche da parte della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, ha un’efficacia soltanto persuasiva, non cogente, mirando ad una tendenziale stabilità e valenza generale di una certa lettura del diritto.

Alla luce di tali considerazioni, per gli Ermellini, ammettere che un mutamento dell’orientamento giurisprudenziale possa integrare un “giustificato motivo” per l’ottenimento di una revisione dell’assegno divorzile precedentemente disposto, comporterebbe delle conseguenze incongrue, sia di fronte ad un successivo mutamento giurisprudenziale, sia nell’ipotesi in cui il giudice di merito, non tenuto per legge a conformarsi alla posizione assunta dalla Cassazione, decida di non aderirvi.


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