Nelle notizie di cronaca pubblicate sui quotidiani nazionali e locali, spesso si legge dell'alto numero di abitazioni sfitte - e quindi inutilizzate - sparse sul territorio del Paese. Oggi tra i proprietari c'è un diffuso timore di non poter recuperare facilmente l'immobile in caso di morosità, ma anche la paura che gli inquilini compiano atti di danneggiamento, con conseguenze dirette sul valore della casa affittata. Senza dimenticare inoltre i vincoli burocratici, in quanto le proprietà non di rado necessitano di opere di manutenzione o di adeguamento normativo prima di poter essere locate (o vendute).
D'altra parte, però, le case sfitte costituiscono anche una questione sociale. Infatti, nonostante vi siano molti immobili vuoti, oggi il disagio o emergenza abitativa è un problema presente in tutta la penisola, specialmente nelle grandi città. Le vittime sono in particolare le famiglie a basso reddito, i giovani, gli studenti e gli anziani.
Ecco perché non deve sorprendere una recente iniziativa nel Comune di Torino, una proposta popolare che - a ben vedere - potrebbe essere una sorta di “apripista” per iniziative simili in altri Comuni italiani. In sostanza, al fine di contrastare la crisi immobiliare, la campagna denominata Vuoti a rendere – appoggiata da centinaia di cittadini torinesi e da associazioni del territorio – mira a dare alla comunità locale gli alloggi non utilizzati.
I promotori giustificano l'iniziativa anche considerando che gli immobili sfitti e inutilizzati rappresentano una grande risorsa non sfruttata, che alimenta il degrado e l'abbandono urbano e favorisce i casi di occupazione abusiva o senza titolo. Per questo si paleserebbe la necessità di una risposta ad hoc.
Ma, in sostanza, come funzionerebbe questa proposta popolare? Ebbene, dopo un preliminare censimento delle case sfitte situate nel Comune, ai proprietari di alloggi vuoti sarà chiesto di spiegare la ragione della mancata locazione. Attenzione però: l'iniziativa in oggetto si rivolge espressamente alle persone che possiedono più di cinque appartamenti (i cc.dd. grandi proprietari) e, qualora questi non intendessero collaborare, potrebbero essere puniti con una sanzione pecuniaria o, in casi estremi, con la requisizione dell'immobile inutilizzato - ai sensi dell'art. 835 del c.c..
Nell'iniziativa popolare si legge altresì che tale requisizione servirebbe espressamente a fronteggiare situazioni di emergenza abitativa nei casi in cui, alla scadenza del termine assegnato dalle autorità locali, persista - con riguardo a beni in proprietà di persone fisiche o enti qualificabili come "grandi proprietari" - uno stato di ingiustificato abbandono. In sintesi, l'iniziativa mirerebbe a consegnare alla collettività tutti gli alloggi sfitti - pensiamo ad esempio a chi è in attesa di vivere in un immobile di edilizia popolare.
Non solo. I firmatari vorrebbero fissare altresì misure fiscali, come maggiorazioni Imu o Tari, volte a penalizzare chi non si adopera per locare i beni di sua proprietà.
D'altra parte, però, le case sfitte costituiscono anche una questione sociale. Infatti, nonostante vi siano molti immobili vuoti, oggi il disagio o emergenza abitativa è un problema presente in tutta la penisola, specialmente nelle grandi città. Le vittime sono in particolare le famiglie a basso reddito, i giovani, gli studenti e gli anziani.
Ecco perché non deve sorprendere una recente iniziativa nel Comune di Torino, una proposta popolare che - a ben vedere - potrebbe essere una sorta di “apripista” per iniziative simili in altri Comuni italiani. In sostanza, al fine di contrastare la crisi immobiliare, la campagna denominata Vuoti a rendere – appoggiata da centinaia di cittadini torinesi e da associazioni del territorio – mira a dare alla comunità locale gli alloggi non utilizzati.
I promotori giustificano l'iniziativa anche considerando che gli immobili sfitti e inutilizzati rappresentano una grande risorsa non sfruttata, che alimenta il degrado e l'abbandono urbano e favorisce i casi di occupazione abusiva o senza titolo. Per questo si paleserebbe la necessità di una risposta ad hoc.
Ma, in sostanza, come funzionerebbe questa proposta popolare? Ebbene, dopo un preliminare censimento delle case sfitte situate nel Comune, ai proprietari di alloggi vuoti sarà chiesto di spiegare la ragione della mancata locazione. Attenzione però: l'iniziativa in oggetto si rivolge espressamente alle persone che possiedono più di cinque appartamenti (i cc.dd. grandi proprietari) e, qualora questi non intendessero collaborare, potrebbero essere puniti con una sanzione pecuniaria o, in casi estremi, con la requisizione dell'immobile inutilizzato - ai sensi dell'art. 835 del c.c..
Nell'iniziativa popolare si legge altresì che tale requisizione servirebbe espressamente a fronteggiare situazioni di emergenza abitativa nei casi in cui, alla scadenza del termine assegnato dalle autorità locali, persista - con riguardo a beni in proprietà di persone fisiche o enti qualificabili come "grandi proprietari" - uno stato di ingiustificato abbandono. In sintesi, l'iniziativa mirerebbe a consegnare alla collettività tutti gli alloggi sfitti - pensiamo ad esempio a chi è in attesa di vivere in un immobile di edilizia popolare.
Non solo. I firmatari vorrebbero fissare altresì misure fiscali, come maggiorazioni Imu o Tari, volte a penalizzare chi non si adopera per locare i beni di sua proprietà.
La proposta in oggetto, come era intuibile, ha acceso le polemiche politiche a livello locale e c'è chi ha parlato di vero e proprio attacco alla proprietà privata. A breve sarà discussa in commissione, prima di un eventuale approdo nel Consiglio comunale. E non è affatto escluso che a questa proposta ne seguano altre nella penisola, ribadendo che la crisi abitativa è percepita a livello nazionale.
Non a caso l'assessore al Welfare del Comune di Torino ha difeso la citata iniziativa popolare, annunciando ai media che a metà dicembre sarà a Roma con gli assessori delle principali città italiane, per chiedere al Governo un piano casa nazionale - con risorse ad hoc per l'edilizia popolare e le locazioni.