(Cassazione, ordinanza numero 2466, sezione sesta civile, depositata oggi).
L’uomo aveva motivato la richiesta in base al «miglioramento delle condizioni economiche dell’ex moglie, assunta stabilmente come dipendente di un esercizio commerciale; peggioramento delle proprie condizioni lavorative, a causa dell’età e delle condizioni di salute» e «instaurazione» da parte della donna «di una stabile convivenza more uxorio».
La ex moglie, in appello, è riuscita ad aumentare nuovamente la cifra dell'assegno divorzile da 500 a 750 euro.
I giudici della Cassazione, con ordinanza numero 2466/2019, tengono presente la «convivenza more uxorio» della donna.
I giudici, evidenziano l’errore compiuto in appello, dove si è elevata «la misura dell’assegno» ma «senza disconoscere la sussistenza della convivenza» intrapresa dall’ex moglie. Elemento che, invece, non può essere trascurato, ribadendo che «l’instaurazione, da parte del coniuge divorziato, di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge».
Per fare ulteriore chiarezza, poi, gli Ermellini spiegano che «la formazione di una famiglia di fatto è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge» che, legittimamente, «può confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo».