Non accade solo nei film che il matrimonio salti ad un passo dall’altare…
Può accadere che due fidanzati si siano scambiati una promessa di matrimonio e che, dopo la stessa, il matrimonio sia saltato, nonostante le ingenti spese che possono essere state già sostenute in vista del matrimonio stesso.
Come comportarsi, dunque, in questo caso? Il mancato coniuge che ha deciso di far saltare il matrimonio è tenuto a risarcire qualche danno all’altro?
In proposito, è utile, innanzitutto, leggere quanto previsto dagli artt. 79 e ss. c.c. in tema di “promessa di matrimonio”.
In base all’art. 79 del c.c., infatti, “la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento”.
Ciò significa che, anche se i fidanzati si sono promessi di contrarre matrimonio, tale promessa non è comunque vincolante, dal momento che la libertà matrimoniale è assoluta e un soggetto deve essere del tutto libero di decidere, fino all’ultimo momento, se contrarre o meno matrimonio.
Tuttavia, la promessa di matrimonio non è del tutto irrilevante, dal momento che l’art. 80 del c.c. prevede che, se il matrimonio dovesse saltare, il soggetto che ha effettuato la promessa “può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio”, con la precisazione che la restituzione potrà essere chiesta “entro un anno dal giorno in cui s'è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti”.
Di conseguenza, se dopo la promessa il matrimonio salta, l’ex fidanzato/a potrà chiedere che gli vengano restituiti i regali fatti in vista del matrimonio ma entro un preciso termine di decadenza, vale a dire entro un anno dal rifiuto di celebrare le nozze o dalla morte di uno dei fidanzati.
Le conseguenze della promessa di matrimonio, inoltre, diventano più gravi se la stessa è stipulata per atto pubblico o se la stessa risulta anche dalle pubblicazioni matrimoniali (che vengono affisse, prima del matrimonio, alla porta della Chiesa o del Comune), in quanto, in questo caso, il soggetto che, senza giusto motivo, rifiuta di eseguire la promessa stessa, è tenuto a “risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti”.
In particolare, con riferimento al concetto di “giusto motivo” che può giustificare il rifiuto di celebrare il matrimonio, il Tribunale di Reggio Calabria, con la sentenza del 12 agosto 2003, ha precisato come costituisca “giusto motivo” anche la “persistente mancanza di una stabile occupazione”, ovviamente a condizione che tale situazione non fosse già sussistente al momento della promessa di matrimonio stessa.
Al contrario, il Tribunale di Bari, con una sentenza 28 settembre 2006, non ha ritenuto che costituisse “giusto motivo” di rifiuto alla celebrazione del matrimonio dopo la promessa in tal senso, il fatto vi fossero stati dei litigi violenti prima del matrimonio, anche in presenza di soggetti estranei alla coppia.
Per quanto concerne, invece, il risarcimento del danno, va osservato che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20889 del 2015, ha precisato come, il soggetto che abbia rifiutato senza giusto motivo di celebrare il matrimonio, è tenuto a risarcire anche le somme che siano state pagate per la ristrutturazione della casa che avrebbe dovuto essere adibita a residenza famigliare, così come è tenuto a rimborsare le spese relative all’arredamento.
Non solo, secondo la Corte, il soggetto che ha rifiutato di celebrare il matrimonio è tenuto anche a rimborsare la spesa sostenuta dal fidanzato/a abbandonata all’altare per l’acquisto dell’abito da sposa/o-
La regola generale, infatti, è quella secondo cui sono rimborsabili tutte le spese che siano state sostenute in vista del futuro matrimonio, poi non celebrato.