Nel caso esaminato dalla Cassazione, un condomino aveva agito in giudizio nei confronti dell’amministratore di condominio, chiedendo la condanna del medesimo al risarcimento del danno subito a seguito della mancata locazione del proprio appartamento.
Il condomino chiedeva, inoltre, il rimborso delle spese sostenute per “inutili spese condominiali”, nonché il risarcimento del danno ulteriore.
A sostegno delle proprie ragioni, il condomino esponeva che l’assemblea di condominio aveva deliberato la sostituzione delle cassette della posta, la riparazione del portone di ingresso ed ulteriori lavori, i quali, tuttavia, non erano stati eseguiti o erano stati mal eseguiti.
In particolare, la riparazione del portone non era stata eseguita, con la conseguenza che il condomino aveva perso l’occasione di affittare l’appartamento ad un terzo, il quale “era stato disturbato da una ‘quasi rissa’ tra viados che potevano entrare indisturbati nel palazzo”.
Quanto alle cassette della posta, il condomino evidenziava come l’installazione fosse risultata inutile, in quanto le medesime erano delle stesse dimensioni di quelle installate in precedenza.
Il giudice di pace, pronunciatosi in primo grado, rigettava la domanda proposta dal condomino e la sentenza veniva confermata anche in secondo grado, da parte del Tribunale.
Secondo il Tribunale, infatti, i testimoni escussi dovevano considerarsi inattendibili e l’amministratore di condominio non era rimasto inerte e non poteva essere accusato di negligenza, in quanto aveva incaricato una ditta di eseguire la riparazione del portone e aveva, altresì, “presentato esposti alle autorità competenti per la tutela dei condomini e della riservatezza della corrispondenza”.
Rilevava il Tribunale, inoltre, che “dai verbali di assemblea risultava che le problematiche connesse all’apertura del portone erano imputabili alla condotta di chi entrava lasciando aperto il portone, ossia gli stessi condomini e i terzi che si recavano nello stabile per accedere agli esercizi commerciali ivi presenti”.
Quanto alle cassette postali, poi, non era stato in alcun modo dimostrato che le medesime presentassero dei difetti.
Il condomino, dunque, decideva di proporre ricorso per Cassazione, il quale, tuttavia, veniva parimenti rigettato.
Per quanto riguarda l’asserita mancata conclusione del contratto di locazione, a causa del malfunzionamento del portone di ingresso del fabbricato condominiale, secondo la Cassazione, erano rimaste indimostrate alcune circostanze decisive, come “l’esistenza di trattative per la concessione in locazione dell’appartamento (…), il loro specifico oggetto ed il fallimento delle stesse”.
Osservava, peraltro la Cassazione, come il portone, pur malfunzionante, restava aperto “per l’incuria degli stessi condomini e dei terzi che si recavano nello stabile lasciandolo aperto” e che “a tale situazione non poteva porvi rimedio l’amministratore”, il quale non era dotato di poteri sanzionatori e disciplinari in tal senso.
Per quanto riguarda, invece, le cassette postali, la Cassazione ribadiva come non fossero stati riscontrati difetti nelle medesime, con conseguente infondatezza della domanda proposta dal condomino ricorrente.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal condomino, condannando il medesimo al pagamento delle spese processuali.