Nel caso esaminato dal Tribunale, il marito aveva chiesto la separazione con addebito alla moglie, con conseguente condanna della stessa al versamento di un assegno mensile di almeno 150 euro mensili, a titolo di contributo nel mantenimento di una delle figlie, maggiorenne ma non economicamente autosufficiente.
Evidenziava il ricorrente, infatti, come il matrimonio “di lunga durata e senza particolari problemi”, fosse entrato improvvisamente in crisi quando, ad un certo punto, la moglie aveva iniziato “a comportarsi in maniera inspiegabile e censurabile: aveva prelevato in contanti oltre 15.000 € dal conto corrente cointestato ai coniugi, aveva fatto spese personali di parrucchiere ed estetista eccessive, aveva richiesto (anche in precedenza) finanziamenti personali all’insaputa del marito, aveva rubato la corrispondenza dei vicini, con conseguente procedimento penale a suo carico, aveva trascurato del tutto la pulizia della casa, aveva condotto la figlia Chiara, sedicenne, in discoteca, facendola vestire in modo non adeguato alla sua età, e aveva addirittura fatto fare delle fotografie provocanti alla figlia, alcune delle quali erano state pubblicate su Facebook”.
La moglie, infine, aveva “lasciato la casa familiare, ostentando una relazione extraconiugale nel frattempo intrapresa, aveva smesso di contribuire al mantenimento dei figli ed anzi faceva ritorno a casa durante il giorno, in assenza del marito, per mangiare e per farsi la doccia”.
La moglie si difendeva, evidenziando che “l’unione familiare si era logorata da molti anni e che già dal 2004 i due coniugi dormivano in camere separate, e che questo doveva attribuirsi al carattere intollerante e aggressivo del marito”.
La moglie contestava, inoltre, tutte le altre affermazioni svolte dal marito circa il comportamento tenuto nei confronti della figlia, precisando che si era allontanata da casa “per il carattere violento del marito”.
Secondo il Tribunale, sussistevano i presupposti per l’accoglimento della richiesta di separazione, essendo evidente che la prosecuzione della convivenza, già interrotta da alcuni anni, era intollerabile.
Per quanto riguarda la domanda di addebito, inoltre, il Tribunale evidenziava come fosse stato accertato che la moglie aveva lasciato la casa coniugale, così come erano emerse delle fotografie pubblicate su facebook, che ritraevano la figlia e la madre in abiti succinti all’interno di una discoteca.
Tale atteggiamento della madre e della figlia appariva al giudice inadeguato, sia “per la figlia sedicenne perché troppo giovane”, sia “per la madre ultraquarantenne per il motivo opposto”.
La madre, inoltre, “non si presentava al mondo come una moglie vessata e sofferente, ma come una donna libera e molto disinibita”.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale riteneva provata la domanda di addebito, nel senso che la moglie, ad un certo punto, in vari modi aveva “infranto il legame di fiducia con il marito, sia per il suo comportamento personale, sia per l’esempio/incitamento alla figlia, vista quasi come compagna di avventure, sia per essersi appropriata di denaro familiare e averlo speso senza renderne conto al marito, sia con condotte strane, forse da cleptomane”.
Di conseguenza, secondo il Tribunale, doveva ritenersi che fosse stata la condotta della moglie a determinare la irreversibile crisi matrimoniale, che aveva condotto alla separazione.
Per questi motivi, il Tribunale dichiarava la separazione dei coniugi, addebitando la medesima alla moglie e condannando la stessa a versare, in favore del marito, la somma di Euro 200, a titolo di contributo nel mantenimento della figlia maggiorenne ma non economicamente autosufficiente.