Sul punto l’Inps, nella circolare n. 45/2021, ha fornito importanti istruzioni sull’utilizzo dei permessi ex art. 33, commi 3 e 6, della L. 104/1992, a favore delle lavoratrici e dei lavoratori con disabilità grave e delle o dei loro caregiver, in caso di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o di tipo misto. I suddetti permessi giornalieri mensili retribuiti non devono essere riproporzionati, nell’ipotesi di lavoratrici e lavoratori con contratto di lavoro part time verticale o misto con percentuale della prestazione lavorativa superiore al 50% rispetto al tempo pieno.
L’Istituto di previdenza si è, in buona sostanza, allineato all’orientamento giurisprudenziale consolidato della Corte di Cassazione e alle relative precisazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con due importanti decisioni (sentenze 29 settembre 2017, n. 22925 e 20 febbraio 2018, n. 4069), ha statuito che la durata dei suddetti permessi, qualora la percentuale del tempo parziale di tipo verticale superi il 50% del tempo pieno previsto dal contratto collettivo, non deve subire decurtazioni in ragione del ridotto orario di lavoro.
La Corte di Cassazione argomenta che i permessi di cui al citato articolo 33, essendo misure di tutela della salute psicofisica della persona disabile (diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’articolo 32 della Costituzione), fanno capo ad un diritto non comprimibile, insuscettibile pertanto di "riduzioni".
La Cassazione continua il suo ragionamento evidenziando, comunque, la necessità di una valutazione comparativa delle esigenze delle aziende e delle lavoratrici o dei lavoratori, in particolare di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all'adozione del rapporto di lavoro part time e, nello specifico, del rapporto di lavoro parziale di tipo verticale.
Pertanto, in coerenza con quanto sopra rappresentato, la Cassazione, valutate le opposte esigenze, ha ritenuto ragionevole distinguere l'ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata in un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, statuendo che, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l'esigenza di effettività di tutela della persona disabile, solo nella prima ipotesi vada applicato il diritto all’integrale fruizione dei permessi.
Resta, dunque, intoccabile il nucleo dei “diritti” a connotazione non strettamente patrimoniale – tra cui il diritto ai permessi - che vanno salvaguardati dalla riduzione connessa alla minore durata della prestazione lavorativa.
Sul punto, anche il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha precisato che i permessi riconosciuti dalla legge 104/1992 possono essere annoverati tra i suddetti diritti. Ciò in considerazione del fatto che i medesimi sono volti ad assicurare la continuità nelle cure e nell’assistenza del familiare disabile e la rilevanza degli interessi di rilievo costituzionale tutelati.