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Lavori in unità abitativa condominiale e rispetto delle distanze

Lavori in unità abitativa condominiale e rispetto delle distanze
Non trova automatica applicazione nel condominio la disciplina sulle distanze tra immobili, avendo precedenza, in tema di rapporti condominiali, la norma di cui all’art. 1102 c.c.
Si segnala l’ordinanza n. 31412/2019 della Corte di Cassazione in tema di uso della cosa comune e distanze per l’apertura di vedute dirette e balconi.
Nella fattispecie concreta l’attore conveniva in giudizio il proprietario dell’unità abitativa soprastante alla propria, lamentando che questi avesse provveduto ad ampliare il terrazzo contiguo alla sua proprietà, eliminando il tratto finale di un “cassonetto” in cui erano riposte alcune canne fumarie del palazzo. In seguito a detta modifica, le canne fumarie avevano cominciato a scaricare i fumi sulla proprietà dell’attore. Si lamentava, inoltre, della mancata autorizzazione delle nuove costruzioni, da parte dell’assemblea, e che queste avessero determinato “un’arbitraria estensione del diritto di veduta”.
Le pretese attoree erano, tuttavia, disattese in primo grado.
Nel successivo appello, la Corte territoriale, riformando la sentenza impugnata, accertava le violazioni degli artt. 840 (sottosuolo e spazio sovrastante al suolo), 905 del Codice Civile (distanze per l’apertura di vedute dirette e balconi), nonché l’alterazione del decoro architettonico dell’edificio a causa della nuova costruzione citata.

L’autore di quest’ultima, originario convenuto, ricorreva per Cassazione, lamentando, in particolare, la violazione dell’art. 112 del c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 e 5 c.p.c., stante la decisione della Corte territoriale circa la lesione del decoro architettonico, nonostante l’insussistenza di doglianza alcuna sul punto.
Ancora, si deduceva la violazione degli artt. 112 c.p.c., 840, 873, 905, 907, 1117, 1127 del Codice Civile, in relazione all’art. 360, co.1, n. 3 c.p.c., posto che la sentenza gravata aveva ritenuto che la nuova costruzione violasse “i diritti di proprietà sulla colonna d’aria sovrastante il terrazzo dell’attore originario, senza considerare che la linea esterna del balcone arretrava rispetto alla copertura della veranda del piano sottostante”.

La pronuncia di merito, inoltre, aveva ritenuto violato l’art. 905 c.c., senza preventivamente valutare la conformità della nuova costruzione alle norme di cui all’1102. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ritenuto fondate tali doglianze limitatamente ai profili che seguono. Innanzitutto, la pronuncia impugnata aveva stabilito che: “la nuova opera alterava il decoro architettonico, aggravava la preesistente servitù di veduta, era lesiva del regime delle distanze ai sensi dell’art. 905 c.c. e pregiudicava la proprietà esclusiva del resistente, che, ai sensi dell’art. 840 c.c., si estende in altezza usque ad sidera”. La domanda dell’attore, sulla base dell’analisi delle pronunce di merito, non conteneva, tuttavia, alcuna doglianza circa la lesione del decoro architettonico o la violazione dei diritti di proprietà esclusiva dell’attore ex art. 840 c.c. La Corte territoriale, dunque, si era pronunciata ultra petita.
Circa la violazione dell’art. 905 c.c., come ha precisato il Supremo Consesso, allorquando il condomino, proprietario esclusivo di una unità abitativa, esegua particolari opere sulle sue cose, anche per il tramite dell’uso di beni comuni, è prioritario stabilire se, stante la sua qualità di condomino, abbia, nell’utilizzo dei beni comuni, rispettato i limiti di cui all’art. 1102 c.c. Ciò a prescindere dal possibile richiamo, nella fattispecie concreta, della disciplina sulle distanze.

L’art. 1102 c.c., quale norma che regola specificamente i rapporti condominiali, deve prevalere su quelle di cui agli art. 905 e ss. c.c. La Cassazione ha, dunque, richiamato la lettera del provvedimento del Giudice del merito, secondo cui “non si possono costituire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici e simili muniti di parapetto che permettano di affacciarsi sul fondo del vicino se non vi è la distanza di un metro tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere […]”. Non avrebbe dovuto essere, tuttavia, applicata automaticamente la disciplina sulle distanze, posto che, ai sensi della Cass. n. 5196/2017, “tali disposizioni sono applicabili al Condominio solo se compatibili con la disciplina degli artt. 1117 e ss. c.c.”

Alla luce di quanto osservato, la Corte territoriale aveva omesso del tutto l’accertamento circa l’osservanza, da parte del condomino, dei limiti di cui all’art. 1102 c.c., atteso che, in caso di accertamento positivo, va ritenuta legittima la costruzione eseguita anche in apparente contrasto con le regole in tema di rapporti tra proprietà contigue.


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