Con una serie di sentenze, la Cassazione ha precisato che c’è reato quando, senza un giustificato motivo, la guardia medica non si reca a casa di pazienti fragili (bambini e anziani) che non possono essere trasportati in ambulatorio. Tuttavia, la Suprema Corte ha fatto delle ulteriori precisazioni. Vediamo quali.
La Corte (con sentenza n. 34535 del 2019) ha affermato che la guardia medica, che ingiustificatamente non effettua la visita a domicilio, commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio. Il codice penale (art. 328 del c.p.) punisce la condotta del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio – ossia, il medico – che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di sanità, deve essere compiuto senza ritardo. Il medico rischia la pena della reclusione da sei mesi a due anni.
Attenzione. Il reato c’è anche se non si verifica un danno. Si parla di un reato di pericolo: il medico è punito poiché, con il suo comportamento, ha messo in pericolo il bene tutelato dalla norma incriminatrice, senza produrre evento lesivo.
La vicenda riguardava un medico di servizio che aveva rifiutato di visitare una scolaresca straniera in gita. Mentre erano ospiti di un albergo, durante la notte, i piccoli e due loro insegnanti accusavano vomito, dissenteria e malesseri. Quella stessa notte, l’albergatore chiamava la guardia medica che, una volta ascoltati telefonicamente i sintomi accusati, rifiutava in modo evidente di recarsi presso l’albergo per visitare i pazienti.
Però, la Suprema Corte non si è fermata qui. C’è una precisazione da fare per capire quando e perché il rifiuto del medico configura il reato previsto dall’art. 328 del c.p..
Per i giudici di legittimità (per esempio, la sentenza n. 5380 del 2022), al medico si deve riconoscere una discrezionalità nel valutare la necessità o meno di effettuare la visita domiciliare. Però, questa discrezionalità va rapportata anche alle circostanze di fatto: se le circostanze concrete richiedono di visitare personalmente il paziente, il medico non può arbitrariamente decidere di non effettuare la visita a domicilio.
Nel caso della gita scolastica, la guardia medica doveva intervenire proprio in base alle circostanze di fatto: un gruppo di bambini stranieri, che si trovava in Italia per una gita senza genitori e senza conoscere la lingua, e loro due insegnanti accusavano gli stessi malori; l’albergo era lontano da ospedali e c’era il rischio di contagio dell’intera comitiva. Chiaramente, in una situazione del genere, la visita fatta per telefono era insufficiente.
L’orientamento della Cassazione permette un’altra riflessione. In realtà, ci sono casi in cui la guardia medica può rifiutare la visita domiciliare e ciò senza commettere alcun reato.
Il medico di turno non rischia conseguenze penali, pur rifiutando di visitare il paziente sul posto, quando ha a che fare con un’emergenza che sia solo apparente e non reale. In questo caso, la visita telefonica può bastare.
Infatti, come detto, il medico ha comunque la discrezionalità tecnica per decidere le modalità di intervento. Se il caso può essere risolto senza lasciare il turno di servizio, il medico può procedere telefonicamente a fare una diagnosi e prescrivere una terapia al paziente. E, dal profilo penale, la Cassazione ha precisato anche che non è determinante la correttezza o meno della diagnosi effettuata.
Ecco perché, in situazioni come questa, la visita effettuata per telefono non può essere equiparata ad un rifiuto di visita domiciliare.