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È furto anche la sottrazione di alimenti di scarso valore

È furto anche la sottrazione di alimenti di scarso valore
Integra il reato di furto anche l’impossessamento di beni alimentari del valore di trenta euro.
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11289/2020, si è pronunciata in ordine alla configurabilità del delitto di furto di fronte alla sottrazione di beni alimentari per un valore complessivo di circa trenta euro, chiedendosi se, invece, in tal caso, si possa configurare la scriminante dello stato di necessità o, quantomeno, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

La questione sottoposta all’esame degli Ermellini traeva origine dalla condanna per il delitto di tentato furto aggravato comminata ad un soggetto, il quale, pur non riuscendo nel proprio intento criminoso per cause da lui indipendenti, aveva tentato di impossessarsi di generi alimentari per un ammontare di circa trenta euro, nascondendoli sotto la giacca.

Di fronte alla propria condanna, sia in primo che in secondo grado, l’uomo ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione eccependo, innanzitutto, come i giudici di merito avessero errato nell’escludere l’applicabilità dell’esimente dello stato di necessità in quanto, secondo loro, il valore della merce sottratta, non essendo rilevante ma, comunque, considerevole, non poteva integrare un’ipotesi di furto per fame.

Parimenti errato sarebbe stato, secondo il ricorrente, il mancato riconoscimento, in suo favore, della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131 bis del c.p., in ragione dell’abitualità della condotta criminosa da lui tenuta. Tale conclusione era, infatti, stata dettata dall’esistenza, a suo carico, di due precedenti condanne per furto, senza però che fossero valutate anche le modalità, i motivi e i tempi in cui avevano avuto luogo i fatti di reato.

L’imputato lamentava, infine, come la Corte d’Appello avesse errato nel non ritenere applicabile, nel caso di specie, la sostituzione della pena detentiva, ex art. 53 l. n. 689/1981, per il solo fatto che il reato fosse stato commesso dopo una precedente condanna a pena condizionalmente sospesa. Secondo il ricorrente, infatti, tale circostanza non rientrerebbe tra i casi di esclusione di detto istituto.

La Suprema Corte ha, tuttavia, dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

Per quanto riguarda, in primo luogo, il mancato riconoscimento della causa di giustificazione dello stato di necessità, ex art. 54 del c.p., gli Ermellini si sono dimostrati concordi con i giudici di merito poiché, come da essi correttamente sostenuto, pur trattandosi, nel caso di specie, di una cifra modesta, la causa di giustificazione dello stato di necessità deve essere ricollegabile ad un bisogno impellente e, dunque, ad una sottrazione minimale, esigua, destinata ad un’immediata soddisfazione dell’esigenza alimentare.

Parimenti, i giudici di merito non hanno errato nel non ritenere applicabile, nel caso de quo, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, considerato che risulta del tutto compatibile con le norme di legge, il ragionamento per cui l’abitualità del comportamento delittuoso, desumibile dall’esistenza, a carico dell’imputato, di due precedenti condanne per furto, osta all’applicazione dell’art. 131 bis del c.p.

La stessa sussistenza, a carico del ricorrente, di precedenti condanne, giustifica poi, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, il rigetto della richiesta di sostituzione della pena detentiva, in quanto sintomo della non occasionalità della condotta criminosa tenuta dall’uomo.


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