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Domicilio fiscale 2024, ecco che cosa è cambiato e da quando valgono le nuove regole: il chiarimento della Cassazione

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Domicilio fiscale 2024, ecco che cosa è cambiato e da quando valgono le nuove regole: il chiarimento della Cassazione
Vediamo insieme le argomentazioni della Cassazione
Con la riforma in materia di fiscalità internazionale, introdotta dal D. Lgs. n. 209/2023, sono state modificate anche le disposizioni che individuano la residenza fiscale delle persone fisiche. Ciò al fine di ampliare il novero dei contribuenti Irpef.

In particolare, la novella ha interessato l’articolo 2, comma 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

Si ricorda che l’articolo 2 del TUIR individua i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche - Irpef, prevedendo (comma 1) che questi sono le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato.
Per i soggetti residenti nel territorio dello Stato, l’articolo 3, comma 1, del TUIR dispone che l’imposta sul reddito delle persone fisiche trovi applicazione sul reddito complessivo del soggetto, formato da tutti i redditi da questo posseduti. I redditi prodotti dai soggetti residenti, compresi i redditi prodotti all’estero, sono pertanto attratti nella sfera impositiva dell’ordinamento tributario italiano.
Con riferimento ai soggetti non residenti, l’imposta sul reddito delle persone fisiche trova applicazione sui redditi prodotti all’interno del territorio dello Stato. Dunque la residenza fiscale consente - tra l’altro - di stabilire quali redditi debbano concorrere alla formazione della base imponibile.

Secondo le norme previgenti alla riforma fiscale, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo di imposta, sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza, ai sensi del codice civile.
Per effetto delle modifiche proposte, si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti.

Il novellato art. 2 TUIR prevede ora: "Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente".
 

Rispetto alla disciplina previgente, di conseguenza:
> viene introdotto il riferimento alla frazione di giorno;
sono residenti anche i soggetti presenti nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta, di fatto così ampliando la platea dei contribuenti residenti in Italia;
> inoltre, in luogo del riferimento alle nozioni contenute nel codice civile, viene introdotto un nuovo concetto di “domicilio” che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;
> infine, viene introdotta una previsione per cui si presumono residenti, salvo prova contraria, anche le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
 

La Relazione illustrativa al  D. Lgs. n. 209/2023 chiarisce che la prova dell’assenza dei criteri che determinano la residenza nel territorio dello Stato può essere fornita dal contribuente dimostrando, rispettivamente, di non avere in Italia la residenza, il domicilio e di non essere stato fisicamente presente nel territorio dello Stato. La prova dell’insussistenza del requisito deve essere riferita a un numero di giorni complessivi superiore alla maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno nel caso della presenza fisica. Il criterio di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente resta quale criterio di collegamento rilevante ai fini della residenza fiscale. Tuttavia, il Governo sottolinea che la modifica intende mitigare, ai fini della residenza, il puro dato formale dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente che non abbia un reale riscontro fattuale, modificando la presunzione assoluta in favore di una presunzione relativa che permetta al contribuente di fornire prova contraria rispetto a quanto stabilito dalla legge.
 
Occorre, tuttavia, precisare che le nuove regole sulla residenza fiscale introdotte valgono dal 1° gennaio 2024 e non possono essere applicate retroattivamente, in quanto non si tratta di norme interpretative. Lo ha chiarito la sentenza n.  19843/2024 della Cassazione, depositata il 18 luglio.

Quali i fatti?

Il caso alla lente della Suprema Corte riguarda un contribuente residente nel Principato di Monaco, contestato per residenza fiscale in Italia, avendo mantenuto il centro dei propri interessi vitali sul territorio nazionale. In primo grado, il ricorso fu accolto, ma in appello la sentenza fu riformata. Il contribuente ricorse in Cassazione lamentando errori nell'applicazione delle norme del TUIR sulla residenza. Il ricorso del contribuente è stato rigettato, poiché i giudici d'appello ritenevano che in Italia esistessero interessi patrimoniali riconoscibili, come cariche sociali in imprese e proprietà immobiliari gestite da terzi, oltre a interessi personali e familiari.

Quali le argomentazioni addotte dalla Suprema Corte?

Secondo la Cassazione i fatti concernono i periodi di imposta 2006-2010, con la conseguenza che agli stessi si applica la formulazione dell’art. 2 vigente fino al 2023, per cui la nozione di domicilio fiscale deve rifarsi a quella civilistica  del luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

Ciò premesso, la sentenza n. 19843/2024 stabilisce che, secondo l'art. 2 comma 2 del TUIR, nella formulazione previgente, le relazioni affettive e familiari della persona non rivestono un ruolo prioritario, ma rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento.

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