Smart working e settimana corta sono fra le novità emerse dal contratto di lavoro per le funzioni centrali, firmato dall'Aran e da alcune organizzazioni sindacali. Un accordo che punta a rendere più attrattivo il lavoro nella Pubblica Amministrazione e a contrastare la "fuga" delle nuove generazioni.
Esaminiamo più nel dettaglio i nuovi strumenti di flessibilità.
Smart working per i neoassunti. Secondo la definizione data dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “lo smart working (o lavoro agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro”. Adesso, al fine di rendere più appetibili le posizioni nel settore pubblico, soprattutto nelle grandi città del Nord Italia, si prospetta la possibilità di lavoro a distanza per i nuovi assunti nelle Funzioni centrali dell’Amministrazione, come ministeri, enti pubblici non economici e agenzie fiscali. L’obiettivo è ridurre le rinunce da parte di coloro che vincono i concorsi ma, poi, si vedono costretti a rifiutare le posizioni a causa dell’alto costo della vita e degli affitti in alcune aree del Paese. Questo sistema verrà implementato tramite la contrattazione integrativa.
Smart working potenziato per i casi di grave disabilità. Per i lavoratori con particolari esigenze di salute, o che assistano familiari con disabilità in situazione di gravità ai sensi della legge n. 104 del 1992, o genitori con bambini piccoli - si legge nella bozza - "e per le altre casistiche individuate in sede di contrattazione integrativa è possibile estendere il numero di giorni di attività resa in modalità agile rispetto a quelle previste per il restante personale”.
Settimana corta. Si prevede la possibilità di articolare l’orario di lavoro su quattro giorni, mantenendo le 36 ore settimanali. Il presidente dell’Aran Antonio Naddeo ne ha parlato in questi giorni, evidenziando come il cambiamento debba passare attraverso l’implementazione di orari flessibili: “un approccio che potrebbe portare a una maggiore produttività e un migliore equilibrio tra vita privata e lavorativa”. È però fondamentale “valutare quelli che possono essere gli impatti sulle operazioni, assicurando che i servizi pubblici non vadano incontro a interruzioni o ritardi”.
Al riguardo si osserva infatti che, per alcune categorie di lavoratori - tra i quali il personale scolastico - l’applicazione della settimana corta si presenta complessa. Gli insegnanti statali, per esempio, non potrebbero beneficiare della settimana corta, poiché la loro presenza è legata al calendario scolastico e agli orari settimanali delle lezioni. Ridurre i giorni lavorativi per gli insegnanti potrebbe compromettere, quindi, la continuità didattica.
Intanto l’adozione di una settimana corta potrebbe, invece, già diventare una realtà per i militari italiani. Recentemente, in risposta alle richieste delle forze sindacali, il Reparto Reclutamento del Personale dello Stato Maggiore dell’Esercito ha pubblicato una circolare, che ufficializza la possibilità di adottare una settimana lavorativa corta, articolata su 4 giorni anziché 5, per il personale militare in specifiche condizioni.
Va sottolineato - si legge sul sito dell’ASPI ovvero il sindacato militare dell’Esercito italiano - che questa novità non vale per il singolo militare: il Comandante, infatti, deve autorizzare l’intero reparto o unità organizzativa di esso. La circolare esplicita che il Comandante di Corpo può riarticolare l’orario di lavoro dell’intera unità o di una parte di essa, rispondendo a esigenze istituzionali particolari.
Questa riarticolazione consente di aumentare le giornate lavorative a 6 oppure ridurle a 4, garantendo - al contempo - la continuità operativa attraverso la gestione del personale disponibile. La settimana corta diventa, quindi, uno strumento gestionale aggiuntivo che i Comandanti possono adottare in base alle necessità, assicurando comunque la funzionalità dei reparti e dei servizi essenziali.
La direttiva ribadisce l’importanza di distinguere tra riarticolazione dell’orario di servizio e flessibilità individuale:
- la riarticolazione, applicata su decisione del Comandante, è dettata dalle esigenze dell’unità, senza considerare richieste individuali, e serve a rispondere a specifiche necessità istituzionali e operative;
- la flessibilità individuale, invece, offre al singolo militare la possibilità di adattare l’orario di inizio e fine della giornata lavorativa (tra le 07:00 e le 09:00 e tra le 15:30 e le 17:30), su richiesta e con l’approvazione del Comandante, pur mantenendo la possibilità di revoca in caso di incompatibilità con le esigenze del servizio.