Vaxzevria, si ricorda, era stato il primo vaccino ad essere stato approvato e messo a punto, con la collaborazione dei ricercatori di Oxford, per prevenire o mitigare gli effetti letali indotti dal coronavirus Sars Cov 2.
Il ritiro avviene all’esito di varie vicissitudini sull'utilizzo del vaccino: dapprima autorizzato solo per soggetti fino a 55 anni, poi sospeso in attesa del parere dell'Ema e raccomandato per gli over 60; poi di nuovo utilizzato anche in soggetti giovani, di età tra i 18 e i 55 anni e successivamente raccomandata la somministrazione solo per i soggetti over 60.
Il vaccino Vaxzevria è un composto a vettore virale a cui sono state associate diverse reazioni avverse e di varia entità:
- lievi o moderate (febbre, mal di testa, dolori muscolari o articolari), che si risolvono in poche ore o in pochi giorni, spesso senza la necessità di assumere antidolorifici o altri farmaci;
- reazioni di tipo allergico fino allo shock anafilattico o di tipo ansioso con fenomeni vaso-vagali che vanno dalla sensazione di stare per svenire fino allo svenimento vero e proprio;
- in casi molto rari, si presenta una combinazione di trombosi e trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue), talvolta associata a sanguinamento.
Nell’ambito di quest’ultima reazione sono stati inclusi anche i casi gravi (di cui alcuni con esito fatale) che si sono presentati anche come trombosi venosa, in aree insolite: trombosi cerebrale dei seni venosi, trombosi venosa, trombosi venosa mesenterica e trombosi arteriosa in concomitanza con trombocitopenia.
Quali le tutele previste?
La vaccinazione è un trattamento sanitario (art. 32 Cost.) che, secondo la Corte Costituzionale, ha una duplice finalità: “individuale”, in quanto mira a proteggere la persona che si sottopone alla vaccinazione e “collettiva”, poiché mira a proteggere gli altri dal rischio di diffusione del contagio.
Con tali premesse il nostro ordinamento, in caso di evento danno consequenziale a vaccinazione, prospetta due possibili strade, percorribili per la tutela del danneggiato: l’azione di indennizzo e l’azione di risarcimento danni.
Per il ristoro dei danni da vaccinazione anti Sars-CoV-2 la tutela indennitaria è disciplinata dalla L. 210 del 1992 (art. 1, comma 1-bis, L.210/1992 introdotto dal D.L. 4/2022), e coesiste con la parallela forma di tutela di tipo risarcitorio ex art. 2043 c.c., differenziandosene nettamente in quanto non richiede, ai fini della propria corresponsione, la sussistenza di profili di colpa né l’illiceità del fatto.
Il danno indennizzabile, infatti, non è imputabile ad una condotta colposa assunta da un soggetto coinvolto nella procedura vaccinale bensì sorge, anche da fatto lecito, per il mero manifestarsi della menomazione irreversibile causata direttamente dalla vaccinazione inoculata.
Di qui il recente riconoscimento di un indennizzo vitalizio, sotto forma di assegno bimestrale di importo pari a 1740 euro, per le gravi reazioni avverse subite da un cittadino ligure a seguito della somministrazione del vaccino Astrazeneca.
Nella specie il cittadino è stato colpito da "occlusione completa della vena basilica a destra nel suo tratto omerale e occlusione completa della vena cefalica nel tratto di avambraccio", patologia il cui nesso con l’inoculazione da Vaxzevria è stato accertato dal Dipartimento militare di medicina legale di La Spezia, territorialmente competente.
Si ricorda che la domanda di indennizzo per i danni da vaccinazione va presentata alla Azienda sanitaria di residenza da parte del danneggiato (o dai suoi eredi, se deceduto) entro 3 anni, che decorrono dal successivo momento in cui la patologia si è manifestata.
Per ottenere il risarcimento dei danni occorre, invece, promuovere una causa civile contro lo Stato, impersonato dal Ministero della Salute.
Da ultimo, ai sensi dell’art. 2050 c.c., va ravvisata una concorrente responsabilità risarcitoria della casa farmaceutica Astrazeneca, per gli effetti negativi provocati dal medicinale (si tratta del risarcimento danni derivanti da «attività pericolose»).