Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Locri aveva condannato un imputato per il delitto di violenza sessuale aggravata (artt. 609 bis c.p. e 609 ter c.p.), del quale era stato accusato per aver indotto una bambina con meno di dieci anni a subire atti sessuali, consistiti “nel baciarla sulla bocca e, contemporaneamente, nel toccarle una coscia”.
Nello specifico, il fatto era stato commesso dietro un palco che era stato costruito per i festeggiamenti della festa patronale del paese.
Secondo il Giudice, dunque, l’imputato aveva approfittato delle particolari condizioni dei luoghi, che erano tali da ostacolare la difesa della piccola.
La Corte d’appello di Reggio Calabria, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, riconoscendo la sussistenza della circostanza attenuante del “fatto di minore gravità” e rideterminando, pertanto, la pena applicata.
Ritenendo la condanna ingiusta, l’imputato decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, i Giudici dei precedenti gradi di giudizio avrebbero erroneamente fondato la loro decisione sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che non potevano considerarsi attendibili, dal momento che la bimba non era nemmeno in grado di esprimersi verbalmente, a causa di un deficit intellettivo.
Precisava il ricorrente, in particolare, che “l'età infantile della minore e le sue lacune espressive ed intellettive” erano talmente gravi “da farla assimilare ad una bambina di quattro anni” e che, dunque, le dichiarazioni della stessa dovevano considerarsi “sostanzialmente prive di qualunque valore probatorio”.
Evidenziava il ricorrente, inoltre, che i Giudici non avevano nemmeno valutato se la condotta dell’imputato fosse stata diretta “a raggiungere l'appagamento dei propri istinti o impulsi sessuali in violazione della libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale”, dal momento che tale fattore rappresenta un presupposto essenziale per la configurabilità del reato di violenza sessuale.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione all’imputato, rigettando il relativo ricorso in quanto “manifestamente infondato”.
Osservava la Cassazione, infatti, che la Corte d’appello aveva del tutto correttamente riconosciuto che il bacio sulle labbra dato alla bimba era idoneo ad integrare la fattispecie della violenza sessuale.
Precisava la Cassazione, in proposito, che la condotta descritta nel capo di imputazione rientrava nella nozione di “atto sessuale”, il quale è stato definito dalla stessa giurisprudenza della Cassazione come quella condotta che sia finalizzata a soddisfare gli impulsi sessuali dell’autore del gesto o, comunque, a incidere nella sfera sessuale della persona offesa, limitando la sua libera autodeterminazione.
Di conseguenza, secondo la Corte, il Giudice, al fine di qualificare una condotta come “atto sessuale”, “non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite ma deve tenere conto (…) dell'intero contesto in cui il contatto si è realizzato”.
Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione evidenziava che la sentenza impugnata aveva accertato che l’imputato, non solo aveva dato un bacio sulle labbra alla bambina, abbracciandola, ma le aveva anche toccato, contestualmente, l’interno della coscia.
Pertanto, la Corte d’appello aveva correttamente rilevato che entrambe queste condotte erano pienamente idonee a realizzare “una intrusione nella sfera sessuale della bambina” e, dunque, potevano pacificamente essere qualificate come “atti sessuali”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.