Va osservato, in proposito, che esiste una specifica legge che disciplina la produzione e la vendita dei prodotti alimentari, la quale prevede delle specifiche sanzioni nel caso in cui venga messo in vendita un prodotto che non sia stato adeguatamente conservato: si tratta della legge n. 282 del 1962.
Ebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19596 del 26 aprile 2017, si è occupata proprio di un caso in cui un supermercato era stato condannato per aver malamente conservato e messo in vendita delle confezioni di formaggio sottovuoto, tra le quali ve ne era una che presentava anche della muffa (artt. 5 e 6 della legge n. 282 del 1962).
Il supermercato, tuttavia, ritenendo la condanna ingiusta, aveva deciso di impugnare la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenerne l’annullamento.
Secondo il supermercato, infatti, dagli elementi di prova raccolti nel corso del processo, non era emerso alcun collegamento tra la temperatura di conservazione degli alimenti in questione e la muffa riscontrata su una sola delle confezioni incriminate, che sarebbe stata dovuta semplicemente ad un difetto di sigillatura della confezione stessa da parte del produttore.
Osservava il supermercato, infatti, che il formaggio in questione poteva benissimo essere conservato a temperatura ambiente e non era nemmeno stato provato da quanto tempo il prodotto era stato tenuto a tale temperatura.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al supermercato, rigettando il relativo ricorso.
Evidenziava la Cassazione, in particolare, che il Tribunale aveva ben motivato la propria decisione, che non poteva essere in nessun modo oggetto di contestazione.
Il Tribunale, infatti, aveva del tutto correttamente deciso nel senso della condanna del supermercato, in ragione della rilevata inidoneità delle modalità di conservazione di tutte le confezioni di formaggio di quella particolare marca che erano state messe in vendita a temperatura ambiente, indipendentemente dal fatto che su una di queste confezioni fosse presente la muffa.
Questa motivazione, secondo la Corte, doveva ritenersi sufficiente a giustificare la pronuncia di condanna, essendo pienamente logica e coerente con le regole dettate per la vendita dei prodotti alimentari.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal supermercato, confermando integralmente la sentenza di condanna resa dal Tribunale e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.