Attenzione però, perché la Corte di Cassazione ha precisato che questa condotta può avere rilevanza penale, configurando il reato di “getto pericoloso di cose” o di “deturpamento o imbrattamento di cose altrui”, di cui, rispettivamente, agli artt. 674 cod. pen. e 639 c.p. (Cass. civ., sent. 27 aprile 2017, n. 19968).
Nel caso esaminato dalla Cassazione, in particolare, due signore erano state condannate dal Tribunale per tale reato, in quanto era risultato che le stesse avevano imbrattato la strada, gettandovi della spazzatura contenuta negli appositi cassonetti.
Ritenendo la decisione ingiusta, le due signore avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo le ricorrenti, infatti, non era stato pienamente provato il presunto rovesciamento dei cassonetti sulla strada, dal momento che nemmeno i testimoni sentiti sull’argomento avevano fornito delle chiari informazioni in proposito.
Osservavano le ricorrenti, inoltre, che il Comune non aveva presentato alcuna denuncia.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione alle due signore, rigettando il relativo ricorso.
Secondo la Cassazione, infatti, il Tribunale aveva correttamente condannato le due signore, anche se il fatto dalle medesime poste in essere doveva essere considerato addirittura più grave.
Precisava la Cassazione, in particolare, che dalla motivazione della sentenza emergeva in modo chiaro che le due ricorrenti erano state ritenute responsabili del rovesciamento dei cassonetti della spazzatura, in quanto le medesime, nel corso di una manifestazione di protesta organizzata da un’organizzazione di disoccupati, avevano spostato e rovesciato i cassonetti in questione, spargendo i rifiuti lungo la strada.
C’erano, peraltro, alcune video-registrazioni che riprendevano le manifestanti proprio nel momento in cui spingevano e spostavano i cassonetti stessi.
Precisava la Cassazione, infine, che era del tutto irrilevante il fatto che il Comune non avesse presentato alcuna denuncia, dal momento che da tale omissione non può certo ricollegarsi l’insussistenza del reato.
Non solo: come anticipato, secondo la Cassazione, doveva ritenersi che la condotta posta in essere dalle ricorrenti integrasse non tanto il reato di cui all’art. 674 c.p., bensì il più grave reato di “deturpamento e imbrattamento di cose altrui” (art. 639 c.p.), in quanto il reato di “getto pericoloso di cose” non può dirsi commesso quando “l’imbrattamento o la molestia abbiano ad oggetto esclusivamente cose e non persone”.
Nel caso di specie, invece, poiché la condotta posta in essere dalle ricorrenti era concretamente idonea a imbrattare anche le persone, recando loro fastidio e disagio, la stessa doveva essere ricondotta nell’ambito del più grave reato di cui all’art. 639 c.p.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalle ricorrente, riqualificando il fatto dalle medesime commesse come “deturpamento e imbrattamento di cose altrui” (art. 639 c.p.).