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Certificato di malattia falso, arriva il licenziamento per giusta causa e la dimostrazione spetta a te: novità Cassazione

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Certificato di malattia falso, arriva il licenziamento per giusta causa e la dimostrazione spetta a te: novità Cassazione
Con l'ordinanza n. 172 del 7 gennaio scorso, la Corte di Cassazione ha spiegato che anche il mero invio di un certificato di malattia vìola, in modo irreparabile, il rapporto di fiducia con l'azienda, giustificando il licenziamento per giusta causa
Obblighi di diligenza e lealtà sorreggono ogni rapporto di lavoro e ne sostanziano il vincolo fiduciario. Se quest'ultimo viene meno, le parti del contratto - dipendente e datore di lavoro - sono costrette a separarsi con il licenziamento, come indica un recente provvedimento della Suprema Corte.
Con l'ordinanza n. 172 del 7 gennaio scorso, la Sezione Lavoro della Cassazione ha, infatti, stabilito che il datore di lavoro può licenziare legittimamente chi trasmette un certificato di malattia falso per giustificare le assenze dal lavoro. Analoga conseguenza è consentita dalla legge anche in caso di abbandono del posto di lavoro, omessa tempestiva comunicazione dell'assenza per malattia o gravi offese fisiche e verbali ai colleghi. Ognuno di questi atti, nel caso che qui interessa, era ascrivibile al dipendente licenziato, evidenziando non soltanto la sua mancanza di buona fede, ma anche e soprattutto una palese noncuranza nei confronti dell'organizzazione aziendale, come pure il disprezzo nei confronti dei colleghi di lavoro.
Non solo. Dai fatti di causa, giunti all'attenzione della Corte, era altresì emerso che i comportamenti dell'uomo, oltre ad essere gravi sul piano disciplinare, erano anche stati reiterati nel corso del tempo - in totale incompatibilità con gli obblighi connaturati a un contratto di lavoro.

In particolare, il giudice di secondo grado aveva stabilito che le condotte addebitate al lavoratore subordinato erano provate e costituivano gravi violazioni e inadempimenti contrattuali, sia considerate in modo singolo sia in modo unitario. Erano, cioè, tali da far venir meno irreversibilmente la fiducia del datore di lavoro nella correttezza dei suoi futuri adempimenti.
La bontà della ricostruzione dei fatti è stata confermata dalla Cassazione con l'ordinanza in oggetto, che ha anche il pregio di ricordare che - secondo sua costante giurisprudenza (cfr. Cass. n. 18836 del 2017; Cass. n. 26764 del 2019):
  • laddove il licenziamento sia intimato per giusta causa e siano stati contestati al lavoratore una pluralità di episodi rilevanti sul piano disciplinare, ognuno di essi considerato in modo autonomo è base idonea per giustificare la sanzione;
  • non è l'azienda a dover dimostrare di aver licenziato esclusivamente per l'insieme delle condotte addebitate, bensì è la parte che vi ha interesse, vale a dire il lavoratore, a dover provare che solo presi in considerazione insieme, per la loro gravità complessiva, i singoli episodi fossero tali da non permettere la continuazione del rapporto. Peraltro, tale onere nel caso di specie non è stato assolto.
Ricapitolando, per quanto qui specificamente interessa, ognuno dei fatti accertati e ognuna delle condotte addebitate erano in grado di incidere in modo negativo e irreversibile sul rapporto in essere, giustificando la scelta della massima sanzione disciplinare. Quindi, anche la mera trasmissione di un certificato di malattia falso legittima il licenziamento per giusta causa.

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