Rilevano in particolare due sentenze, una del Tribunale di Lucca, la n. 283/2024, l’altra del Tribunale di Bergamo, la n. 2440/2023. Con tali pronunce, i giudici di merito hanno analizzato soprattutto la questione della portata dell’onere probatorio, che in tali casi grava sul soggetto danneggiato.
Vediamo adesso nel dettaglio cosa hanno stabilito i due Tribunali.
Relativamente alla causa intentata innanzi al Tribunale di Lucca, la stessa ha coinvolto una ditta di trasporti e una compagnia petrolifera.
La prima lamentava un grave danno riportato da uno dei propri camion, a causa della presenza di sporcizia e acqua nel carburante. Invero, secondo l’attrice, a seguito di un rifornimento di carburante, la ditta aveva immediatamente riscontrato alcuni problemi nel funzionamento del veicolo. Dopo un primo tentativo di riparazione, il camion veniva rimesso in moto ma, a causa del carburante difettoso, si verificava la fusione del motore.
A seguito quindi di alcuni controlli specifici, i tecnici riscontravano che l’introduzione nel motore del carburante sporco aveva determinato danni irreparabili allo stesso.
Di qui la richiesta di risarcimento, per il costo delle riparazioni e per il fermo tecnico del veicolo.
La causa davanti al Tribunale di Bergamo, invece, veniva avviata da un privato direttamente nei confronti della stazione di servizio. Anche in questo caso si erano verificati danni al motore a causa dell’introduzione di gasolio difettoso.
Nella prima controversia, la società petrolifera convenuta replicava alle richieste risarcitorie della ditta di trasporti, affermando che in realtà il carburante erogato presso la stazione di servizio interessata era perfettamente idoneo. Infatti, la convenuta asseriva che, a seguito di approfondite verifiche effettuate sui filtri delle colonnine di erogazione, non era stato riscontrato alcun problema. Inoltre, a riprova di quanto affermato, la società dichiarava che nessuna denuncia di vizi inerenti al carburante era mai pervenuta da parte di altri clienti.
A ricorrere dinanzi al Tribunale di Bergamo, invece, era un consumatore, con conseguente applicazione dell’art. 133 del codice consumo. La norma richiamata è posta a protezione del consumatore: essa, infatti, prevede una serie di responsabilità a carico del venditore, nei casi in cui il prodotto sia affetto da difetti di conformità.
Inoltre, il consumatore aveva agito direttamente contro il titolare della pompa di benzina e non contro la compagnia petrolifera. Il Tribunale, quindi, richiama l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, per cui nelle vendite cc.dd. a catena, l'acquirente di un bene difettoso dispone di una duplice tutela. In particolare, la Cassazione ha affermato che il consumatore può agire sia contro l’intermediario (nel caso di specie il titolare del distributore di carburante), che contro il produttore (ovvero la compagnia petrolifera). Egli potrà quindi agire con un’azione contrattuale verso il venditore e con un’azione extracontrattuale contro il produttore.
Fatte queste brevi premesse circa i fatti oggetto delle controversie, analizziamo ora il merito delle vicende e in particolare quanto affermato dai due Tribunali in ordine al riparto dell'onere probatorio.
A tal proposito, secondo il Tribunale di Lucca, viene in rilievo l’art. 2697 c.c., nonché il principio della vicinanza della prova, in forza dei quali l’onere di provare la fonte dell’obbligazione risarcitoria nonché il danno subito spetta nei confronti dell’attore.
Lo stesso, inoltre, è gravato anche dall’onere di provare il nesso causale tra l’inadempimento e il danno subito. Contrariamente, al convenuto spetta di provare l’esatto adempimento della prestazione oppure l’inadempimento per causa a lui non imputabile.
In base a tali principi, il Tribunale di Lucca ha ritenuto sussistente il nesso causale tra l’inadempimento – ovvero la scarsa qualità del carburante - e il danno subito – ossia la rottura irreparabile del motore.
Quanto, invece, alla causa innanzi al Tribunale di Bergamo, i giudici hanno richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il soggetto danneggiato, che lamenti un guasto del veicolo a seguito di rifornimento di carburante, è tenuto solo dimostrare di essersi rifornito presso quella stazione. Rispetto all’onere probatorio della convenuta, la stessa avrebbe dovuto provare l’assenza di difetti del carburante.
Pertanto, il Tribunale accoglie il ricorso, ritenendo adeguatamente provato il danno patrimoniale. Quanto invece alla richiesta avente ad oggetto il risarcimento per il fermo tecnico del veicolo, i giudici l’hanno ritenuta infondata. Essi in particolare richiamano alcuni precedenti della Cassazione, per cui l’attore, per ottenere tale risarcimento, è tenuto innanzitutto a dimostrare l’effettiva indisponibilità del veicolo; inoltre, deve fornire prova che, in assenza del proprio veicolo, è stato costretto a sostenere spese ulteriori per trovare un mezzo di trasporto alternativo.