La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 216 del 07 febbraio 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio al fine di ottenere la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti a causa di una caduta avvenuta su una strada privata, dipesa dal cattivo stato di manutenzione della stessa.
Il Tribunale aveva accolto la domanda proposta dall’attore ma la sentenza era stata riformata in sede di appello, in quanto la Corte non aveva ritenuto provato che il tratto di strada in cui era avvenuta la caduta fosse di proprietà comunale.
Ritenendo la decisione ingiusta, gli eredi del danneggiato (che nel frattempo era deceduto) avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza resa dalla Corte d’appello.
Secondo i ricorrenti, in particolare, anche a voler ammettere che la strada in questione fosse di proprietà privata e non comunale, la stessa era, comunque, di “uso pubblico” e, dunque, il Comune aveva lo stesso l’obbligo di tenerla in buono stato di manutenzione (art. 2 Codice della Strada e art. 22 L. n. 2248 del 1865).
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione ai ricorrenti, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che il Comune è tenuto “a garantire la circolazione dei veicoli e dei pedoni in condizioni di sicurezza” e tale obbligo viene violato non solo quando l’Amministrazione non provvede alla manutenzione delle strade di sua proprietà, ma “anche quando il danno sia derivato dal difetto di manutenzione di aree limitrofe alla strada, atteso che è comunque obbligo dell’ente verificare che lo stato dei luoghi consenta la circolazione dei veicoli e dei pedoni in totale sicurezza”.
In sostanza, dunque, secondo la Cassazione, il Comune deve garantire il transito in sicurezza non solo sulle strade di sua proprietà ma anche sulle vicine strade private che siano, comunque, di “uso pubblico”.
Nel caso di specie, dunque, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva errato, in quanto, dopo aver rilevato che la strada in questione era di “uso pubblico”, aveva poi rigettato la domanda risarcitoria avanzata dal danneggiato, sul presupposto che l’area non era di proprietà comunale.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dagli eredi del danneggiato, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, attenendosi al principio di diritto secondo cui “è in colpa la pubblica amministrazione la quale nè provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, antistanti le vie pubbliche, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti della strada, nè provveda ad inibirne l’uso generalizzato”.
Di conseguenza, proseguiva la Corte, “nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d’una strada, la natura privata di questa non è di per sè sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale, se per la destinazione dell’area o perle sue condizioni oggettive, l’amministrazione era tenuta alla sua manutenzione”.