Nell’affermare tale principio, la Cassazione ha evidenziato che il giudice, nel caso di sopravvenuta riforma nel merito del contenuto della pretesa impositiva di cui all’avviso di accertamento sottostante alla cartella, deve assolutamente tenerne conto se tale riforma è stata ritualmente introdotta nel processo e sottoposta al contraddittorio delle parti. Tale conclusione, invero, appare imposta dal principio della ragionevole durata del processo, di cui agli articoli 111Costituzione 47 della c.d. Carta di Nizza e 6 della CEDU.
Ciò posto, la Corte ha valorizzato la peculiare natura del processo tributario, che è di "impugnazione-merito" in quanto il giudizio è diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell'accertamento dell'Ufficio. Per tale ragione, dunque, il giudice che dichiari invalido l'avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte.
A sostegno della posizione così assunta, gli Ermellini richiamano altresì un proprio precedente del 2020 secondo cui in ragione della natura di impugnazione-merito del processo tributario, il giudice - adito in una causa di impugnazione di ipoteca iscritta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, che ne abbia accertato l'invalidità derivata per il motivo dell'intervenuto annullamento, in via giudiziale o di autotutela, di una delle cartelle di pagamento iscritte a ruolo e della conseguente insussistenza parziale, rispetto alle originarie somme, del suo presupposto legittimante - non può invalidare "in toto" l'iscrizione, ma è tenuto a ricondurre la stessa alla misura corretta, annullandola soltanto nella parte avente titolo nelle somme originariamente iscritte, e a ordinare la riduzione dell'ipoteca ex art. 2872 c.c.