Uno dei quesiti più frequenti, tra i lavoratori, riguarda le conseguenze di un utilizzo non conforme, ad esempio per esigenze personali. Il timore, infatti, è quello di poter subire un licenziamento a causa di tali condotte.
Sulla questione si è pronunciata, di recente, la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3607/25, la quale ha statuito che l’uso personale dell’auto aziendale durante l’orario di lavoro può integrare una giusta causa di licenziamento. La Cassazione ha, dunque, confermato la legittimità del licenziamento nei confronti di un dipendente, sorpreso a utilizzare l’auto aziendale per scopi personali durante l’orario di servizio. La Corte ha ritenuto che tale condotta costituisca una grave violazione degli obblighi contrattuali, configurandosi come un comportamento fraudolento.
Diverso è il caso dell’uso dell’auto al di fuori dell’orario di lavoro: in tale ipotesi, il dipendente può servirsene solo se il contratto aziendale lo prevede espressamente e con il consenso del datore di lavoro.
Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda un lavoratore di un’azienda chimico-farmaceutica, il quale, pur avendo il veicolo in dotazione per motivi professionali, lo utilizzava sistematicamente per faccende personali durante il servizio. L’azienda ha potuto accertare la condotta illecita avvalendosi di un’agenzia investigativa, che ha documentato più episodi in cui il dipendente sottraeva tempo al lavoro per occuparsi di attività private.
L’impiego di un veicolo aziendale per fini non lavorativi, durante l’orario di servizio, rappresenta una violazione grave per diverse ragioni:
- violazione del contratto di lavoro: il dipendente utilizza un bene aziendale in modo non conforme agli accordi lavorativi;
- falsa presenza in servizio: il lavoratore risulta ufficialmente presente (avendo timbrato il cartellino), ma in realtà è impegnato in altro;
- sottrazione di ore lavorative: il tempo che dovrebbe essere dedicato alle attività professionali viene impiegato per scopi privati;
- danno economico per l’azienda: l’utilizzo indebito del mezzo comporta costi aggiuntivi per il datore di lavoro, oltre alla mancata produttività.
Non è consentito, ad esempio, monitorare come un dipendente svolge le proprie mansioni in fabbrica, mentre è lecito verificare se un lavoratore che dovrebbe trovarsi in visita da un cliente si trovi invece altrove.
Perché un’indagine investigativa sia ritenuta valida, deve rispettare tre principi fondamentali:
- scopo mirato: il controllo deve riguardare esclusivamente comportamenti illeciti e non essere generico o indiscriminato;
- luogo pubblico: non è possibile pedinare un dipendente nella sua abitazione o in altri contesti privati;
- proporzionalità: l’attività di indagine deve essere adeguata alla gravità del comportamento sospetto.