Nel caso di specie l’uomo si era recato fuori dall’appartamento dell’ex compagna per vedere la figlia, portarla fuori con il suo ciclomotore ed esercitare così, secondo gli Ermellini, la sua potestà di padre. Per tale motivo, al rifiuto da parte della donna, si era attaccato al campanello finchè non gli è stato possibile uscire con la minore attendendola fuori dal portone. Tale comportamento non può essere tacciato né di petulanza né ricondotto ad alcun biasimevole motivo.
Secondo il Supremo Consesso, la sentenza della Corte d’Appello che ha ritenuto l’uomo colpevole di molestie e disturbo alle persone deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
A tali conclusioni si perviene alla lettura della sentenza num. n. 47396/2022, attraverso la quale gli Ermellini ribadiscono che “in tema di molestia o disturbo alle persone (art. 660 c.p.), se, per un verso, deve ritenersi la configurabilità del reato anche quando l'agente esercita, o crede di esercitare, un proprio diritto, in modo tale, tuttavia, da rivelare l'esistenza di uno specifico malanimo che si traduce in un mero dispetto arrecato per biasimevole motivo, per altro verso deve escludersi che tale condizione possa essere ritenuta sussistente per il solo fatto che la condotta sia o possa apparire oggettivamente molesta (nel senso di fastidiosa o irritante) a chi la subisce, richiedendosi, invece, che tale sua caratteristica le venga impressa senza alcuna plausibile ragione strumentalmente ricollegabile all'effettivo esercizio del preteso diritto; ragione che può consistere anche nell'intento di rendere manifesta la propria volontà di avvalersi di quel diritto, a fronte di chi non intenda riconoscerlo".
Per la Cassazione, l’azione posta in essere dall’uomo non è riconducibile al dettato normativo in quanto sorge in capo a quest’ultimo il diritto di esercitare la sua qualità di padre, nonostante il rifiuto della madre, a fronte del preminente interesse della figlia ad avere un rapporto qualitativo con entrambi i genitori.