Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale del riesame di Napoli aveva confermato il provvedimento con cui il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) aveva disposto la custodia cautelare in carcere di un soggetto che era stato accusato di far parte di un’associazione di tipo mafioso, nonché di aver commesso i reati di “ricettazione” (art. 648 c.p.) e “porto illecito di armi” (art. 699 c.p.).
Ritenendo la decisione ingiusta, l’indagato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento del provvedimento sfavorevole.
Secondo l’indagato, in particolare, il Giudice avrebbe ritenuto sussistente un’associazione di stampo camorristico, senza, tuttavia, svolgere alcun accertamento circa la capacità dell’associazione stessa di operare stabilmente sul territorio con un’effettiva e attuale capacità di intimidazione.
La Corte di Cassazione, riteneva, in effetti, di dover annullare il provvedimento con cui era stata disposta la custodia cautelare dell’indagato.
Osservava la Cassazione, infatti, che il Giudice, nel motivare circa la presunta esistenza dell’associazione, non aveva accertato se l’associazione in questione era effettivamente radicata nei luoghi in cui la stessa avrebbe operato e, soprattutto, non aveva accertato se l’associazione aveva “effettiva ed attuale capacità di intimidazione, cui dovrebbe fare riscontro la condizione di assoggettamento e di omertà da parte di chi entra in contatto con tale organizzazione, con i conseguenti condizionamenti anche economici”.
Evidenziava la Cassazione, infatti, che l’associazione di stampo mafioso è caratterizzata dal fatto che la stessa si avvale “della forza di intimidazione del vincolo associativo, cui consegue la condizione di assoggettamento ed omertà”, in vista della realizzazione del programma finale dell’associazione, che può avere vario contenuto e “la cui realizzazione è possibile in forza di una presenza organizzativa di persone e di mezzi”.
Ebbene, nel caso di specie, il Giudice aveva ritenuto implicita la sussistenza di queste caratteristiche, per il semplice fatto che l’associazione in questione era entrata in competizione con i gruppi camorristici tradizionali.
Il Giudice, inoltre, secondo la Cassazione, non aveva nemmeno tenuto in considerazione il “profilo organizzativo dell'associazione”, dal momento che “la prova del carattere mafioso” di un’associazione “può desumersi anche dall'esistenza di un'efficiente organizzazione”.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, le considerazioni contenute nel provvedimento oggetto di ricorso erano “insufficienti a dimostrare sia l'esistenza di una efficiente organizzazione”, sia che la stessa avesse carattere mafioso.
Ciò considerato, la Cassazione annullava il provvedimento con cui era stata disposta la custodia cautelare in carcere dell’indagato, rinviando la questione al Tribunale di Napoli, affinchè il medesimo decidesse nuovamente sul punto, tenendo conto dei principi sopra enunciati.