Nel caso esaminato dal Tribunale, un soggetto era stato accusato del reato di “appropriazione indebita”, di cui all’art. 646 del c.p., in quanto “per procurarsi un ingiusto profitto, si appropriava di un armadio a quattro ante, di cui aveva il possesso, in quanto sito in via (…) Genova, immobile di proprietà di Ca.Ma. e locato al Ro. con comodato gratuito di alcuni arredi”.
In sostanza, l’imputato aveva concluso con il proprietario dell’immobile un contratto di locazione, relativo all’immobile medesimo, nonché un contratto di comodato gratuito, avente ad oggetto i mobili che lo corredavano; il proprietario contestava all’imputato di aver illegittimamente portato via dall’immobile un armadio, oggetto, appunto, di tale contratto di comodato.
In corso di causa, l’imputato sosteneva fermamente che all'interno dell'immobile non vi fosse mai stato alcun armadio di proprietà del locatore.
Il Tribunale osservava, tuttavia, che, dall’istruttoria espletata, era emerso che l’imputato aveva firmato un “verbale di comodato relativo ai mobili presenti nell’appartamento a lui locato”, nel quale “era indicato anche un armadio presente nella camera da letto poi invece rinvenuta vuota”, con la conseguenza che “quanto asserito dall’imputato circa il fatto che l’oggetto non fosse mai stato presente” non trovava riscontro.
Precisava il Tribunale, inoltre, che, in base a quanto statuito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4958 del 22.12.2011, “integra il reato di appropriazione indebita la condotta del conduttore di un appartamento che asporti dall’immobile oggetto di locazione i relativi arredi senza che, ai fini della sussistenza dell’illecito, sia necessaria la formale richiesta di restituzione da parte del locatore ma essendo sufficiente che a detti beni sia stata data dall’agente una diversa destinazione rispetto a quella originaria”.
Alla luce di tali circostanze, il Tribunale concludeva nel senso della penale responsabilità dell’imputato per il reato contestato, condannandolo alla pena di mesi due di reclusione e € 400,00 di multa.
Tribunale di Genova – Sezione I penale – Sentenza 20 giugno 2016 n. 3938
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GENOVA
– SEZIONE SECONDA –
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Dr. Luca STARICCO
in data 20/06/2016 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA E CONTESTUALE MOTIVAZIONE
Ro.Fr., nato (…)
Elett.te dom.to presso lo studio del difensore di fiducia avv. Gi.Na. del Foro di Genova
LIBERO PRESENTE
IMPUTATO
del reato p. e p. dall’art. 646 c.p. perché, per procurarsi un ingiusto profitto, si appropriava di un armadio a quattro ante, di cui aveva il possesso, in quanto sito in via (…) Genova, immobile di proprietà di Ca.Ma. e locato al Ro. con comodato gratuito di alcuni arredi.
PARTE CIVILE: MA.CA. nato (…) residente in Genova, Viale (…). Elett.te dom.to presso lo studio del difensore di fiducia avv. Gi.Da. del Foro di Genova.
Data di costituzione 22/03/2016
MOTIVI CONTESTUALI
A seguito di decreto di citazione veniva tratto in giudizio RO.FR. per rispondere del reato di cui in rubrica. Verificata la regolare costituzione delle parti, presente l’imputato, si procedeva con l’istruttoria.
Si escuteva l’Avv. Ca.Ma., persona offesa e parte civile, il quale riferiva che diede in locazione un appartamento via Vassallo 7 int. 16 all’imputato. Si convenne un comodato gratuito per i mobili ivi presenti. Riconosceva il contratto di locazione (doc. 1) e il comodato (alleg. 2). Di fatto, sulla base di quanto riferito dai condomini, non gli risulta che l’imputato lo avesse mai occupato. Anche se era stato visto entrare e uscire dall’appartamento. Per quello che sapeva il solo Ro. aveva le chiavi. Quando seppe da terzi che l’immobile era occupato da due dorme brasiliane presentò un prima querela. Da quel momento, 2012, iniziò la morosità che portò allo sfratto eseguito in luglio al secondo accesso. Veniva prodotto il verbale dell’ufficiale giudiziario nel quale si dava conto della presenza dei mobili nelle stanze visibili e aperte. Vi era una stanza chiusa, quella da letto, e non procedettero all’apertura forzata perché il Ro. si era offerto di sgomberarla dei suoi effetti personali. Fu necessaria però una diffida visto il ritardo che si accumulava nonostante avessero concordato la data del 24 luglio. Riconosceva la raccomandata nel documento 6 e la email del Ro. del 23 luglio dove questi prometteva che avrebbe fornito la chiave solo il 26 luglio. Lui gli ribadì che comunque avrebbero proceduto il 24 luglio. Dovette così far intervenire un fabbro per aprire la stanza che risultò completamente vuota. Doveva esserci, come indicato nel comodato, un armadio a quattro ante. Riconosceva nelle foto la stanza in oggetto. Venne formato un verbale sottoscritto dall’Avv. Ma. e dal fabbro. Non contattò il Ro. per chiedere spiegazioni: presentò direttamente la querela. Non chiese mai a mezzo lettera o voce la restituzione dell’armadio. Si incontrarono per caso dal Giudice di Pace e nell’occasione contestò la mancanza dell’armadio. Ro. contestò che il 24 luglio non era presente l’Ufficiale Giudiziario.
Si escuteva il teste a difesa Avv. Ma. il quale ricordava che venne contattato dal collega. Lo informò che doveva accedere all’appartamento con un fabbro per aprire una stanza. Si recò sul posto, il fabbro aprì la stanza e venne redatto un verbale. Erano presenti l’Avv. Ca., locatario, e il fabbro. Riconosceva il verbale nel documento n. 5 che venne materialmente da lui redatto. La stanza era completamente vuota.
All’esame l’imputato dichiarava che prese in locazione l’immobile tramite agenzia per la compagna lituana dalla quale ebbe un figlio. Era da lei occupato. In più occasioni gli vennero chiesti aumenti del canone che versava in contanti. Si stufò e andò all’ufficio delle entrate e fece registrare il contratto con conseguente riduzione di un terzo del contratto di locazione. La stanza conteneva effetti della sua compagna. Le chiavi erano presenti dal contatore e avrebbero potuto utilizzarle. Non vi era mai stato un armadio.
Chiusa l’istruttoria le parti concludevano come in atti.
L’imputato firmò un verbale di comodato relativo ai mobili presenti nell’appartamento a lui locato. Nel verbale stesso era indicato anche un armadio presente nella camera da letto poi invece rinvenuta vuota. Quindi quanto asserito dall’imputato circa il fatto che l’oggetto non fosse mai stato presente non trova riscontro. Come la circostanza dallo stesso sostenuta che le chiavi della stanza fossero comunque a disposizione viste le comunicazioni intercorse tra le parti. Concordanti le testimonianze e le documentazioni invece sulla procedura di sfratto intentata, sulla necessità di un intervento dell’Ufficiale Giudiziario e poi di un ulteriore intervento del fabbro per aprire la camera, nonostante i solleciti. Questo quindi rende verosimili le dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile anche al di là dei riscontri documentali sopra ricordati.
Per quanto riguarda in diritto, per il reato di appropriazione indebita relativo ai mobili di un appartamento, si riporta: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4958 del 22/12/2011
integra il reato di appropriazione indebita la condotta del conduttore di un appartamento che asporti dall’immobile oggetto di locazione i relativi arredi senza che, ai fini della sussistenza dell’illecito, sia necessaria la formale richiesta di restituzione da parte del locatore ma essendo sufficiente che a detti beni sia stata data dall’agente una diversa destinazione rispetto a quella originaria.
In ragione di quanto sopra si deve pertanto concludere per la penale responsabilità dell’imputato per il reato ascritto. Correttamente contestata la recidiva visti i precedenti penali.
Si ritiene di concedere le attenuanti generiche viste le circostanze dei fatti in equivalenza alla contestata aggravante.
Risulta rispondere ai criteri di cui all’art. 133 c.p., equità e adeguatezza, la condanna alla pena di mesi due di reclusione e 400 Euro di multa oltre spese del procedimento. Non vi sono sufficienti elementi per poter concedere una provvisionale immediatamente esecutiva.
Segue la condanna al risarcimento dei danni alla parte civile da liquidarsi in separata sede oltre alle spese del presente procedimento che si liquidano in Euro 1300 Euro oltre iva e cpa di legge.
Motivazione contestuale. P.Q.M.
Visti gli art.533 – 535 – c.p.p.
Segue la condanna al risarcimento dei danni alla parte civile da liquidarsi in separata sede oltre alle spese del presente procedimento che si liquidano in Euro 1300 oltre iva e cpa di legge.
Motivazione contestuale.
Così deciso in Genova il 20 giugno 2016. Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2016.