La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21633 del 19 settembre 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Il caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione ha visto come protagonista l’ex amministratore di un condominio, che aveva agito in giudizio nei confronti del condominio stesso, al fine di ottenere la restituzione di alcune somme che egli aveva versato nel conto corrente condominiale per far fronte a degli scoperti.
La domanda dell’ex amministratore era stata accolta in primo e secondo grado, con la conseguenza che il condominio aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Evidenziava il Tribunale, in particolare, che, dalla documentazione prodotta in corso di causa, risultava che l’ex amministratore aveva effettivamente “versato sul conto corrente del condominio gli importi di cui aveva sollecitato la restituzione” e che, pertanto, spettava al condominio “dimostrare di aver restituito tali somme”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dal giudice del precedente grado di giudizio, accogliendo il ricorso proposto dal condominio, in quanto fondato.
Precisava la Cassazione, infatti, che l’ex amministratore aveva posto a fondamento della propria domanda restitutoria un “contratto di mutuo” (art. 1813 c.c.), avendo lo stesso precisato che era “più volte avvenuto che il conto corrente condominale fosse privo di fondi” e che, pertanto, egli era stato costretto “a versare denaro personale sul conto predetto, per consentire al Condominio di far fronte a spese impellenti”.
Di conseguenza, la Corte riteneva di dover confermare quanto statuito nella sentenza n. 3642 del 2004, nella quale era stato evidenziato che “per provare l'esistenza di un contratto di mutuo, posto a fondamento di una pretesa fatta valere in giudizio, non basta dimostrare l'avvenuta consegna del danaro o di altre cose fungibili, ma occorre dimostrare che tale consegna è stata effettuata per un titolo che implichi l'obbligo della restituzione”.
Ebbene, poiché nel caso di specie, l’ex amministratore di condominio non aveva fornito questo tipo di prova, la Cassazione riteneva di dover annullare la sentenza oggetto di impugnazione, rinviando la causa al giudice d’appello, affinchè lo stesso procedesse ad una nuova valutazione dei fatti di causa, uniformandosi ai principi sopra enunciati.