Lo spinoso tema dell’assegnazione della casa coniugale ha interessato il
Tribunale di Rovereto, il quale si è occupato del tema con
sentenza n. 180 del 9 luglio 2019.
Nel caso di specie, si discuteva dell’assegnazione a casa familiare di una villa che era stata abbandonata dalla madre, assieme alle figlie, al momento della crisi coniugale.
La donna, infatti, aveva ritenuto di trovare un’alternativa abitativa per sè e per le minori per circa tre anni, a causa della situazione familiare divenuta, a suo dire, insostenibile. Per tale motivo il padre si era opposto, ritenendola infondata nel merito, alla richiesta della moglie di vedersi assegnata la villa come
residenza familiare.
I giudici, per dirimere la questione, hanno preso le mosse dalla disposizione di cui all’art.
337 sexies, il quale espressamente stabilisce che “
il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”.
Nella scelta dell’assegnazione della casa familiare, l’interesse preminente della prole diviene per il giudice criterio guida, che prescinde e supera le esigenze e le volontà degli ex coniugi.
Il Tribunale ha operato nel merito una distinzione di carattere preliminare. “Il volontario allontanamento dalla casa familiare assegnata a un genitore collocatario della prole minorenne”, si legge in
motivazione, “è circostanza in fatto diversa dal caso, come quello in esame, in cui l’
allontanamento è stato attuato in epoca
antecedente la proposizione del giudizio”.
In altre parole, i giudici hanno ritenuto che il fatto che alcuni componenti della famiglia si fossero, per ragioni di intollerabilità di una serena convivenza, allontanati dalla residenza non pregiudica in alcun modo la successiva assegnazione della casa familiare in capo agli stessi.
Più in particolare, nella villa familiare si era comunque creato per le figlie, anche grazie alle ripetute visite effettuate al padre durante il periodo di allontanamento, quell’”habitat domestico” che deve essere loro garantito proprio in virtù della norma di cui all’art. 337 sexies, la quale vieta di modificare in pejus le condizioni di vita della prole.
In definitiva, proprio perchè l’allontanamento dalla casa era stato determinato da esigenze di tutela della prole, e poichè la villa in cui le figlie erano cresciute costituiva una dimora più spaziosa e ideale per la prosecuzione della loro crescita, il collegio ha ritenuto che la casa coniugale andasse, nell’interesse delle minori, affidata alla signora.