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Affitti brevi, addio al check-in a distanza, da oggi gli ospiti vanno identificati di persona: nuova circolare Viminale

Affitti brevi, addio al check-in a distanza, da oggi gli ospiti vanno identificati di persona: nuova circolare Viminale
Il Ministero dell’Interno ha vietato il self check-in nelle strutture ricettive italiane, chiarendo che l’identificazione da remoto non rispetta i requisiti di sicurezza previsti dalla legge, per garantire un controllo più rigoroso sugli ospiti e prevenire rischi legati alla sicurezza pubblica
Con una circolare del 18 novembre 2024, il Ministero dell’Interno è intervenuto sul tema del self check-in che, attualmente, è uno dei dieci servizi più richiesti su Airbnb, come riportato dal portale online statunitense per gli affitti brevi. La facilità di accesso offerta agli ospiti, infatti, non solo contribuisce a un'esperienza di arrivo più agevole, ma pare sia in grado di generare recensioni più positive.
Tuttavia, questa modalità di check-in non sarà più consentita in Italia. Il Viminale, attraverso la detta circolare, ha chiarito che la identificazione da remoto degli ospiti nelle strutture ricettive a breve termine non soddisfa i requisiti di sicurezza previsti dalla legge. Questa decisione potrebbe portare alla scomparsa delle diffusissime keybox, ossia le cassette di sicurezza utilizzate per custodire le chiavi degli appartamenti al di fuori delle strutture.
Il tema era già stato sollevato dalla ministra del Turismo, Daniela Santanchè, durante il G7 sul Turismo a Firenze, dove aveva sollecitato il collega dell’Interno, Matteo Piantedosi, a fornire un chiarimento. Santanchè ha dichiarato che la circolare rappresenta un passo essenziale per prevenire rischi e garantire un’esperienza turistica serena e positiva, sia per i visitatori che per gli operatori del settore. La ministra, inoltre, ha sottolineato l’importanza della cooperazione tra i dicasteri per creare un ambiente sicuro e accogliente, soprattutto in vista del Giubileo del 2025.

Il Ministero dell’Interno ha motivato il chiarimento anche in considerazione dell’imminente avvio dell’Anno Santo e della “difficile situazione internazionale”. Nella circolare, firmata dal capo della Polizia, Vittorio Pisani, emerge “la necessità di adottare misure rigorose per prevenire rischi per l’ordine e la sicurezza pubblica, specialmente in relazione all’alloggiamento di persone pericolose e/o legate a organizzazioni criminali o terroristiche”. L’identificazione da remoto, che implica la trasmissione elettronica dei documenti identificativi e l’accesso agli alloggi tramite codici di apertura automatizzata o keybox, non garantisce la verifica dell’identità reale dell’ospite, scavalcando di fatto l’identificazione personale.
Nella circolare si legge che le procedure di identificazione da remoto si pongono in contrasto con la disciplina contenuta nell’art. 109 del T.U.L.P.S.. La norma prevede l’obbligo, per i gestori di strutture alberghiere e ricettive, di accogliere esclusivamente clienti muniti di un documento valido per l’identificazione. Inoltre, entro 24 ore dall’arrivo – o comunque entro sei ore in caso di soggiorni di durata inferiore alle ventiquattro ore – i gestori devono comunicare le generalità degli ospiti alle Questure competenti per territorio. L’art. 19-bis del Decreto-Legge 4 ottobre 2018, n. 113 ha esteso gli obblighi stabiliti dal suddetto art. 109 TULPS anche ai locatori e sublocatori che concedano in locazione immobili o loro porzioni per periodi inferiori a trenta giorni.

L’obiettivo di tali norme risiede nella tutela della sicurezza pubblica, poiché consentono all’Autorità di Pubblica Sicurezza di mantenere un quadro aggiornato sugli ospiti delle strutture. Questo sistema mira a prevenire che individui ricercati, sospetti o con precedenti penali possano trovare rifugio presso esercizi alberghieri o simili.
È chiaro che l’automatizzazione del check-in e dell’accesso alle strutture senza un’identificazione personale diretta possa risultare in contrasto con lo spirito della normativa appena richiamata.
Tale modalità infatti non permette di adempiere agli obblighi di legge, i quali impongono ai gestori delle strutture turistiche di comunicare le generalità degli ospiti alle autorità competenti. Infatti, con il check-in a distanza, non è possibile escludere che, dopo l’invio dei documenti, la struttura possa essere occupata da individui le cui generalità rimangono ignote alla Questura, rappresentando così un potenziale pericolo per la sicurezza collettiva.

Per il ministro Piantedosi, il modello delle keybox deve essere superato, in quanto ha evidenziato che “ci sono episodi che testimoniano che viene utilizzato per eludere la completa applicazione della norma. A noi interessa l’effettività dell’accesso, non assecondando meccanismi che di fatto possono creare un’elusione della norma che prevede che chi accede a strutture alberghiere debba essere compiutamente identificato”.
La discussione si estende anche ai locatori che offrono immobili con contratti di durata inferiore a 30 giorni, i quali devono rispettare gli stessi obblighi di comunicazione. In questo contesto, vengono menzionati il sito HomeExchange e la necessità di registrare gli scambi di casa, per garantire che i dati degli ospiti siano trasmessi alle autorità competenti, evitando potenziali rischi per la sicurezza.

In conclusione, si riafferma l'obbligo, per i gestori di strutture ricettive, di identificare adeguatamente gli ospiti e comunicare le loro generalità alle autorità, seguendo le modalità stabilite dal decreto del Ministero dell’Interno. La gestione automatizzata del check-in, priva di un’identificazione di persona, non soddisfa i requisiti normativi e rappresenta un rischio per la sicurezza pubblica.


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