È irragionevole - e contrario al principio della capacità contributiva - che il proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all'autorità giudiziaria penale sia, ciononostante, tenuto a versare l'IMU per il periodo decorrente dal momento della denuncia fino a quello in cui l'immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.
Con queste argomentazioni la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 60 del 18 aprile 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all'imposta municipale propria, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di occupazione abusiva, poiché la proprietà immobiliare non costituisce, per il periodo in cui essi sono abusivamente occupati, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.
In maniera analoga, per andare esenti dal pagamento della TARI, sarà necessario dimostrare che l’immobile in questione è diventato oggettivamente inutilizzabile e, in quanto tale, inidoneo a produrre rifiuti. Inidoneità che non deve essere presunta ma “riscontrabile in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o da idonea documentazione” (cfr. Corte di Cassazione, ordinanza n. 1711/2017).
A titolo esemplificativo sono inidonei a produrre rifiuti, per loro intrinseca natura o per l’uso cui sono destinati, i seguenti immobili/locali:
Risultano poi escluse per legge dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, nonché le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva, come androni, scale, ascensori, stenditoi o altri luoghi di passaggio o di utilizzo comune tra i condomini.
Il legislatore ha poi individuato anche alcune fattispecie in cui i Comuni sono obbligati a riconoscere una riduzione della TARI. Più in particolare:
Le riduzioni previste dai citati commi 656 e 657 si limitano a prevedere la misura massima dell’esenzione ma è evidente che è a discrezione del singolo Comune disciplinare nel proprio regolamento in modo puntuale l’agevolazione, prevedendo una diversa percentuale di riduzione, oppure più percentuali.
Infine, in maniera analoga ai bonus sociali dedicati a luce, gas e acqua, anche il bonus rifiuti riduce l’esborso economico per la TARI per i nuclei familiari in condizione di disagio economico (art. 57bis D.L. 124/2019).
Con queste argomentazioni la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 60 del 18 aprile 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all'imposta municipale propria, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di occupazione abusiva, poiché la proprietà immobiliare non costituisce, per il periodo in cui essi sono abusivamente occupati, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.
In maniera analoga, per andare esenti dal pagamento della TARI, sarà necessario dimostrare che l’immobile in questione è diventato oggettivamente inutilizzabile e, in quanto tale, inidoneo a produrre rifiuti. Inidoneità che non deve essere presunta ma “riscontrabile in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o da idonea documentazione” (cfr. Corte di Cassazione, ordinanza n. 1711/2017).
A titolo esemplificativo sono inidonei a produrre rifiuti, per loro intrinseca natura o per l’uso cui sono destinati, i seguenti immobili/locali:
- i fabbricati oggettivamente inagibili e di fatto inutilizzati;
- i fabbricati oggetto di ristrutturazione, restauro o risanamento conservativo in presenza di regolare licenza, permesso, concessione o autorizzazione, limitatamente al periodo di validità del provvedimento e, comunque, non oltre la data di effettiva ultimazione dei lavori;
- locali stabilmente riservati ad impianti tecnologici ove non si abbia, di regola, presenza umana (quali cabine elettriche, vani ascensori, celle frigorifere, locali di essiccazione e stagionatura senza lavorazione, silos e simili);
- aree di impianti sportivi, siano essi aree scoperte o locali chiusi, dedicati alla pratica sportiva in senso stretto (rimangano invece oggetto di tassazione i servizi igienici, gli spogliatoi, gli uffici);
- edifici di esercizio pubblico del culto;
- aule adibite esclusivamente ad attività di catechismo.
Risultano poi escluse per legge dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, nonché le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva, come androni, scale, ascensori, stenditoi o altri luoghi di passaggio o di utilizzo comune tra i condomini.
Il legislatore ha poi individuato anche alcune fattispecie in cui i Comuni sono obbligati a riconoscere una riduzione della TARI. Più in particolare:
- art. 1, co. 649, secondo periodo, L. 147/2013: prevede la riduzione della quota variabile in misura proporzionale alle quantità di rifiuti speciali assimilati agli urbani che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo;
- art. 1, co. 656, L. 147/ 2013: prevede la riduzione per mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero per effettuazione del servizio in grave violazione della disciplina di riferimento, ovvero per interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi, che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente; in queste ipotesi la TARI è dovuta nella misura massima del 20%;
- art. 1, co. 657, L. 147/2013: prevede la riduzione per le zone in cui non è effettuata la raccolta; in questi casi la TARI è dovuta nella misura massima del 40% .
Le riduzioni previste dai citati commi 656 e 657 si limitano a prevedere la misura massima dell’esenzione ma è evidente che è a discrezione del singolo Comune disciplinare nel proprio regolamento in modo puntuale l’agevolazione, prevedendo una diversa percentuale di riduzione, oppure più percentuali.
Infine, in maniera analoga ai bonus sociali dedicati a luce, gas e acqua, anche il bonus rifiuti riduce l’esborso economico per la TARI per i nuclei familiari in condizione di disagio economico (art. 57bis D.L. 124/2019).