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Accordo transattivo in materia di assegno di mantenimento: serve l'omologazione del giudice?

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Accordo transattivo in materia di assegno di mantenimento: serve l'omologazione del giudice?
Se gli ex coniugi hanno stipulato un accordo transattivo in merito all'assegno di mantenimento, esso è valido anche se non omologato dal giudice; la parte che vi si attenga non commette alcun reato.
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5236/2020, si è pronunciata in merito alla configurabilità del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui all’art. 570 bis del c.p., in capo al coniuge che non abbia versato all’altro l’importo previsto dal giudice a titolo di mantenimento, nel caso in cui sia stato stipulato un accordo transattivo modificativo di tale importo, il quale, però, non sia stato omologato dal giudice.

Nel caso di specie due ex coniugi, a fronte delle precarie condizioni economiche dell’ex marito, si erano accordati per ridurre a 800 euro l’importo che lo stesso erano tenuto a pagare a titolo di mantenimento in virtù della sentenza di divorzio. Tale accordo, tuttavia, non era stato recepito all’interno di alcun provvedimento giudiziale, e, di conseguenza, non versando l’intero importo stabilito in sede di divorzio, l’ex marito veniva accusato del reato ex art. 570 bis del c.p., per essersi sottratto agli obblighi di assistenza, facendo mancare i mezzi di sussistenza ai suoi tre figli.
L’uomo, dopo la condanna subita in primo grado e confermata in appello, proponeva ricorso dinanzi alla Cassazione, eccependo il fatto il fatto che, avendo adempiuto a quanto previsto nell’accordo concluso con l’ex moglie, egli non aveva violato alcuna norma di legge.

La Suprema Corte, ritenendo fondato il motivo di ricorso, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.
Gli Ermellini, nel pronunciarsi, hanno evidenziato come, in ossequio ad un loro consolidato orientamento (Cass. Pen., n. 36392/2019), non siano configurabili i reati di cui all’art. 12 sexies della legge divorzio e all’art. 570 bis del c.p., in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nel caso in cui gli ex coniugi si siano attenuti ad accordi transattivi da essi conclusi in via stragiudiziale, anche qualora questi non siano stati trasfusi nella sentenza di divorzio. Come ribadito dagli stessi giudici, infatti, già la precedente giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la liceità delle intese economiche raggiunte dalle parti dopo la presentazione della domanda di divorzio, riferendosi esse ad un divorzio che le parti hanno già deciso di conseguire. Tale principio, secondo gli Ermellini, non può, a maggior ragione, non valere qualora la sentenza di divorzio sia già intervenuta e gli accordi tra gli ex coniugi abbiano soltanto modificato le statuizioni patrimoniali definite in quella sede.

A parere della Cassazione, dunque, dato che l’accordo concluso tra gli ex coniugi non contiene clausole lesive degli interessi dei beneficiari del mantenimento, non vi è motivo per affermare che esso non possa produrre effetti obbligatori tra le parti anche indipendentemente dal recepimento del suo contenuto da parte dell’autorità giudiziaria, come, peraltro, già affermato in precedenza dalla stessa Corte con la sentenza n. 24621/2015.

Alla luce di tali circostanze, la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto per cui “Non è configurabile il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nel caso di separazione o di scioglimento del matrimonio ex art. 570 bis del c.p. qualora l'agente si sia attenuto agli impegni assunti con l'ex coniuge tramite un accordo transattivo, non omologato dall'autorità giudiziaria, modificativo delle statuizioni sui rapporti patrimoniali contenute in un precedente provvedimento giudiziario”.


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